Tempo di lettura: 26 minutiRiceviamo e pubblichaimo la nota stampa a firma di Nicola Cataruozzolo, della proposta di un gruppo di professionisti Irpini che ha delineato una possibile via d’uscita per evitare l’aumento indiscriminato delle tariffe e per scongiurare lo spettro del fallimento di ACS siamo stati sommersi da diversi attestati di stima e da alcune richieste di precisazioni.
In via preliminare riteniamo che la proposta che abbiamo formulato tiene a cuore le vicende della nostra provincia, non ha lo scopo di alimentare polemiche ma di fornire soluzioni ritenute da chi scrive le più equilibrate possibili.
“Di seguito alla proposta di un gruppo di professionisti Irpini che ha delineato una possibile via d’uscita per evitare l’aumento indiscriminato delle tariffe e per scongiurare lo spettro del fallimento di ACS siamo stati sommersi da diversi attestati di stima e da alcune richieste di precisazioni. In via preliminare riteniamo che la proposta che abbiamo formulato tiene a cuore le vicende della nostra provincia, non ha lo scopo di alimentare polemiche ma di fornire soluzioni ritenute da chi scrive le più equilibrate possibili. A nome del gruppo mi assumo tutta la responsabilità per eventuali errori ed omissioni, senza alcuna pretesa di essere esaustivi le segnalazioni sono sempre gradite.
Anche se che questo non è il momento in cui vi sia un’adeguata serenità per affrontare le questioni l’attualità corre più veloce della volontà e, quindi, le riflessioni avanzate sono dettate dalla necessità. Si capisce perfettamente che il contesto è quello in cui si accavallano molteplici scadenze, tra elezioni regionali per le quali molti tentano di avere una visibilità “interessata” ed elezioni provinciali, oltre a quelle ancora lontane per il Comune di Avellino, vicende rispetto alle quali si preferisce il clamore alla riflessione.
Per quanto mi riguarda, mi sono semplicemente attivato per trovare una risoluzione, coagulando intorno alla mia persona, che si è dato alla politica per molti anni con disinteresse, i ragionamenti di quanti reputano utile salvare Alto Calore e la gestione pubblica dell’acqua. Soprattutto, la proposta dei giorni scorsi aveva ed ha lo scopo di condividere le responsabilità e di non addossare solo ai cittadini l’onere del salvataggio della società idrica provinciale: per tale motivo, insieme agli utenti che già adesso, senza rincari tariffari, pagano letteralmente il prezzo più alto per la sostenibilità di Alto Calore, si è ritenuto opportuno coinvolgere anche i Sindaci dei Comuni Soci e i dipendenti affinché ciascuno faccia la sua parte e senta finalmente questa azienda come parte del proprio patrimonio.
Tutti quelli che hanno a cuore il futuro di Alto Calore e dell’acqua pubblica sono stati coinvolti nella nostra proposta perché non è giusto che siano solo gli utenti o solo i Sindaci o solo i dipendenti a sopportarne il peso come è altrettanto giusto che nessuno di questi si senta escluso. Si potrà opinare circa la bontà delle soluzioni avanzate ma bisogna dare atto che si è aperto un dibattito che è andato oltre la semplice questione tariffaria. Come è giusto chiarire che non si ha alcuna acredine personale nei confronti dell’Amministratore
Unico, l’avv. Lenzi ma non si possono omettere le sue mancanze, i suoi errori, la scarsa trasparenza nella predisposizione della proposta tariffaria, come il mancato coinvolgimento dei Soci e il silenzio relativo all’entità dell’aumento tariffario.
Insomma, non è un attacco gratuito, anzi, non è affatto un attacco ma è un’analisi della situazione che porta a una proposta, condivisibile o meno ma, almeno nelle intenzioni, equilibrata. E si vuole anche aggiungere che la soluzione non sono le dimissioni dell’avv. Lenzi ma il fatto che debba rassegnare il proprio mandato è una logica conseguenza di quanto si è spiegato. Se la condizione di Alto Calore si è aggravata durante il suo mandato, non si può far finta di nulla e chiedere ai cittadini di pagare ancora di più per un servizio inefficace e inefficiente ma bisogna prendere atto della crisi e assumersi le proprie responsabilità. Da questa considerazione è venuta la proposta che ora si intende puntualizzare ancora meglio, soprattutto nella parte della disamina, sempre supportata dal contributo dei professionisti che 2 stanno dedicando gratuitamente il proprio tempo ad Alto Calore. In questo contesto, forse proprio perché manca la giusta serenità per i motivi sopra evidenziati, sconcerta che, mentre si argomenta in maniera puntuale e fornendo dati, qualcuno nutre la suggestione di spostare l’attenzione dagli attori reali di questa vicenda verso un altrove che sembra assumere i contorni sempre più definiti della Regione Campania e dei suoi vertici.
Si comprende, come chiarito, che siamo in periodo pre-elettorale e che, tra quanti aspirino e quanti denigrino, vi sia una quantità di voci “peregrine” che cavalcano posizioni di lotta o di sostegno all’Amministratore di Alto Calore, per il solo tornaconto personale e l’avv. Lenzi di turno che, pure lui, considerato il periodo, si agita tra diversi soggetti politici regionali e nazionali, non è serio che, rispetto alla disamina di argomenti specifici, dal debito all’aumento tariffario, si preferisca la caciara dell’indistinto, invocando la tariffa unica regionale e spiegando come, non approvando l’assurdo aumento tariffario, ACS non possa fare altro che fallire, con grave danno per la cittadinanza.
Purtroppo, non si può neanche dire che l’attuale Amministratore Unico non sia in alcun modo responsabile di quanto oggi accade, in quanto eredità del passato, perché, dopo l’omologa, Alto Calore è tecnicamente priva di debiti pregressi e, quindi, tutto ciò che oggi emerge come debitoria è il risultato soprattutto della sua gestione.
Sgombrato il campo da valutazioni personalistiche e immaginando che si possa ragionare con serenità, si vogliono precisare alcune questioni, chiarendo che questa non è certamente la verità assoluta ma uno spaccato della realtà, che serve a completare il quadro generale.
1) ARERA E L’OBBLIGO DI ADEGUARE LA TARIFFA
Da più parti si è dato per rato e confermato che sia stata ARERA, l’ente che regola il settore idrico a livello nazionale, ad imporre ad Alto Calore Servizi S.p.A. di predisporre l’adeguamento tariffario e, non avendolo fatto negli anni scorsi, sarebbe stata inflitta una penale di circa 2 milioni di euro. Cerchiamo di chiarire, prima di tutto, questa falsa ricostruzione: Alto Calore Servizi S.p.A. ha ricevuto, nella primavera di quest’anno, la seconda sanzione di circa € 2.000.000 (e, in totale, siamo a oltre € 4.000.000 di penale) NON PER IL MANCATO ADEGUAMENTO TARIFFARIO MA PERCHE’ NON HA TRASMESSO MAI – E SOTTOLINEIAMO MAI – I DATI RELATIVI ALLA QUALITA’ TECNICA DEL SERVIZIO.
I cittadini non sanno che gli enti gestori come Alto Calore devono trasmettere entro aprile di ogni anno una serie di informazioni che riguardano la qualità, appunto, del servizio all’utenza, come la quantità e la durata delle interruzioni idriche, il numero di perdite in rete, la qualità dell’acqua distribuita e così via.
ALTO CALORE SERVIZI S.p.A. HA RICEVUTO € 4.000.000 DI SANZIONI TOTALI PERCHE’, ALMENO FINO AD OGGI – QUANDO E’ ARRIVATO IL NUOVO DIRETTORE GENERALE – E NON, QUINDI, LO SCORSO ANNO QUANDO C’ERA SOLO L’AVV. LENZI – NON SI ERA MAI DEGNATA DI TRASMETTERE QUESTI DATI SEMPLICEMENTE PERCHE’ NON E’ MAI RIUSCITA A METTERLI INSIEME.
Non si possono confondere Sindaci e cittadini dando notizie nella migliore delle ipotesi imprecise: ARERA non ha imposto l’adeguamento tariffario e non ha multato ACS S.p.A. per non aver rivisto la tariffa ma ha sanzionato Alto Calore perché non ha inviato i dati sulla qualità del servizio reso alla popolazione. Si tratta, insomma, di un’inadempienza che viene da lontano e NON RIGUARDA LA TARIFFA!
L’avv. Lenzi ha governato da marzo 2024 l’Azienda e, soltanto con l’arrivo del Direttore Generale, che ha preso le redini della vicenda, si è messo mano a questi dati, sperando che per gli anni futuri non ci siano altre sanzioni.
3 Ciò per dire che, durante il primo anno del suo mandato, l’Amministratore Unico non ha fatto nulla per fornire i dati ad ARERA: la sanzione di cui si parla non è, quindi, frutto del caso ma è il risultato di 1 anno di inefficienza e inoperosità sulla questione.
Quindi, ARERA NON HA CHIESTO L’ADEGUAMENTO DELLA TARIFFA E HA SANZIONATO ACS S.p.A. PER NON AVER INVIATO I DATI OBBLIGATORI SULLA QUALITA’ DEL SERVIZIO
Per una questione di serietà e serenità, non si diffondano artatamente notizie false!
2) L’AUMENTO TARIFFARIO Chiarito che Alto Calore non era obbligata da nessuno ad adeguare la tariffa, cerchiamo di capire perché si è arrivati ad aumenti così esorbitanti.
Il meccanismo tariffario è complicato ed è il risultato di un algoritmo talmente complesso che Alto Calore non riesce a farlo con i suoi dipendenti ma deve rivolgersi a un consulente esterno.
Questo algoritmo tiene conto di molte voci, tra cui principalmente i costi della gestione: appare chiaro, quindi, che, se si riducesse la spesa, diminuirebbe anche la tariffa, che ha lo scopo di ripagare il costo totale della gestione. Detto questo, alla fine dei conteggi viene fuori una percentuale massima di adeguamento tariffario,
ossia viene stabilita la percentuale massima di rialzo possibile, LASCIANDO AL GESTORE LA FACOLTA’ DI DECIDERE QUALE AUMENTO APPLICARE ENTRO TALI LIMITI.
Questo è un punto nodale: fatti i calcoli, ACS avrebbe potuto decidere di aumentare la tariffa applicata agli utenti per una percentuale variabile dallo 0% al 9,93% per il primo anno e così via.
CIÒ SIGNIFICA CHE L’ATTUALE MANAGEMENT DI ALTO CALORE HA SCELTO AUTONOMAMENTE DI
AUMENTARE LA TARIFFA AL MASSIMO CONSENTITO DAL MECCANISMO ARERA.
E’ vero che i funzionari di ACS e, in particolare, il D.G., hanno preparato i documenti e hanno indicato la misura massima dell’incremento possibile ma è stato l’Amministratore Unico, operando, come è giusto che sia, una scelta di politica gestionale a DECIDERE DI AUMENTARE LA TARIFFA DEL 50% complessivo: bisogna porre attenzione a non confondere la possibilità teorica con la determinazione di far pagare i costi della gestione e i debiti agli utenti! Non si vuole mettere in dubbio la facoltà dell’Amministratore Unico di prendere una decisione sulla vita dell’Azienda ma, se tale scelta coinvolge i Soci e i cittadini e viene, inoltre, sonoramente bocciata, bisogna prendersi le responsabilità dell’errore.
Tornando alla questione che ci interessa, si è detto che i Soci erano a conoscenza del fatto che ACS avrebbe aumentato la tariffa: ciò corrisponde esattamente alla verità. Ma non è giusto dire che i Soci sapessero di quanto la tariffa sarebbe aumentata. In sede di approvazione del bilancio, ai Sindaci è stato spiegato che si sarebbe provveduto all’adeguamento tariffario nell’ambito del periodo concordatario. Se si legge il verbale dell’Assemblea, non si troverà neanche un rigo in cui l’avv. Lenzi, nella qualità di Amministratore Unico, abbia spiegato che la tariffa sarebbe stata aumentata del 50% complessivo in 4 anni ma soltanto qualche timido passaggio in cui si fa riferimento all’esecuzione del Piano Concordatario. Gli stessi Sindaci – ricordiamolo insieme – hanno approvato il Piano Concordatario che prevedeva un aumento della tariffa del 3,5% all’anno per 4 anni. Quindi, o i Sindaci avevano la sfera di cristallo e già a fine giugno immaginavano un aumento della tariffa così alta oppure sempre i Sindacisapevano di aver approvato un piano con il 3,5% di aumento annuo della tariffa.
Poiché credere che un Sindaco possa essere “distratto” è normale, due è plausibile, tre è possibile mentre 4 già più improbabile, non riusciamo a immaginare che circa 70 Sindaci possano essere stati tutti contemporaneamente folgorati da amnesia e non sapere di cosa si stesse parlando!
In altre parole, forse per non inquietare i Soci e gli utenti, forse per non alimentare ragionamenti da parte della stampa locale o, ancora, forse per non generare un allarme intorno alla vicenda concordataria di Alto Calore, nel fornire le necessarie informazioni all’Assemblea, l’Amministratore Unico non ha comunicato l’entità – elevatissima – del previsto aumento tariffario. In un momento così importante per la vita di ACS, l’esigenza di trasparenza avrebbe dovuto avere il sopravvento su altre necessità più “politiche”.
Insomma, i Soci non sapevano o, al massimo, sapevano che ci sarebbe stato un incremento del 14,5% in 4 anni e non del 50% nello stesso periodo. Cosa ne deriva? Si deduce che I SOCI NON HANNO MAI PRESO ATTO DELL’AUMENTO TARIFFARIO DI QUESTE SETTIMANE NE’ LO HANNO APPROVATO. AL CONTRARIO, I SOCI HANNO APPROVATO – NELLA QUALITA’ DI CREDITORI DI ALTO CALORE – UN AUMENTO TARIFFARIO DEL 3,5% ANNUO.
Ciò significa che la differenza tra il 3,5% e il 9,93% è stata una scelta autonoma, libera e
indipendente dell’attuale Amministrazione. Si tratta, quindi, di una decisione, del tutto legittima, presa dall’Amministrazione in piena autonomia e valutando bene la situazione societaria. Ricapitolando la vicenda, il Direttore Generale ha fatto l’istruttoria della pratica e ha consegnato all’Amministratore Unico una proposta di POSSIBILE aumento tariffario, variabile, come spiegato, dallo 0% al 9,93% per il primo anno e, poi, 9,95% e così via.
L’Amministratore Unico ha deciso, verificando i conti della Società, che l’aumento tariffario doveva essere nella misura massima.
Dopo di che, Alto Calore ha avanzato la sua proposta al Consiglio di Distretto irpino che ha
approvato, non a maggioranza assoluta. Tutto legittimo, tutto frutto di valutazioni soppesate e valutate dall’Amministrazione e, quindi, una vera e propria decisione autonoma. Con un solo, enorme difetto: ai Soci non è mai stato comunicato niente di tutto ciò! Per il 25 agosto prossimo è stata convocata l’Assemblea dei Soci, durante la quale nessuno, meno che mai i Soci stessi, vorrebbe assistere a un passo indietro da parte del management di Alto Calore rispetto alla proposta di aumento tariffario formulata perché sarebbe un gesto di incoerenza e di scarsissimo rispetto per il Consiglio di Distretto, cui sarebbe stato sottoposto un documento che nei fatti si disconosce. E con quali motivazioni, poi, si potrebbe ritirare la proposta? Sarebbe sbagliata tecnicamente? E, allora, andrebbero licenziati tutti i dipendenti che vi hanno lavorato dal Direttore Generale in giù, compreso il consulente esterno. E’ inopportuna per gli utenti? E, allora, perché mai avanzare una proposta che si comprende essere esagerata e fuori luogo? C’era bisogno della sommossa popolare per capirlo? Ma, soprattutto, se fosse inopportuna o sbagliata e se non ci fosse stato questo moto di sdegno tra i cittadini, l’Amministrazione avrebbe in ogni caso tratto vantaggio dall’aumento della tariffa.
Se si ammette che si può rivedere tutto, per errore o inopportunità, nel primo caso, l’A.U. dovrebbe comprendere di non poter essere il miglior interprete della volontà dei Soci e trarne le conseguenze mentre, nel secondo caso, si dovrebbero licenziare il Direttore Generale, il responsabile finanziario che si occupa della tariffa, i dipendenti interessati, oltre a interrompere il contratto di consulenza esterna di chi fa i calcoli della tariffa stessa. Se si ritira la proposta, i Sindaci dovranno chiedersi se, non essendoci stata nessuna comunicazione preventiva sull’entità dell’aumento, si sia tentato di INGANNARLI SFRUTTANDO UNA SITUAZIONE CHE AVREBBE PORTATO A UN INGIUSTO GUADAGNO.
MA NOI SIAMO CERTI CHE NON SI PRENDERA’ QUESTO ATROCE ABBAGLIO: CHI OCCUPA UN RUOLO DI COMANDO E’ SEMPRE E COMUNQUE RESPONSABILE ANCHE DEI SUOI SOTTOPOSTI E, SOPRATTUTTO, NON CI PROVA A LUCRARE SUGLI ERRORI!
3) SE NON SI AUMENTA LA TARIFFA, ALTO CALORE FALLISCE
Questa è la madre di tutti i ragionamenti che popolano i giornali e i social. A meno che l’attuale management societario non nasconda qualcosa ai cittadini, ai Soci e alla Sezione Fallimenti del Tribunale di Avellino, siamo di fronte a un fatto chiaramente non corrispondente alla realtà. Se è vero – come è vero – che il Piano di Concordato si regge su un aumento tariffario del 3,5% e tale flusso di cassa è sufficiente a garantire l’esecuzione del Piano stesso, perché aumentare così tanto la tariffa a dispetto di utenti e Sindaci? Ragionando per ipotesi, si dovrebbe pensare che la gestione dell’ultimo anno abbia portato così tanti debiti nuovi e di un importo tale da rendere il Piano di Concordato non più adeguato? Forse nel corso dell’ultimo anno si sono accumulati così tanti debiti che le risorse provenienti dal Piano di Concordato depositato in Tribunale e approvato anche dai Soci non bastano a pagare tutti i creditori? Forse c’è qualcosa che non viene detto in maniera chiara a proposito dell’esposizione debitoria di Alto Calore e la tariffa serve a ripianare un deficit di bilancio che è aumentato in modo spropositato?
Al di là di questi legittimi dubbi, la considerazione è una sola: il Concordato si poggia su un aumento tariffario del 3,5% ed è stato ritenuto sufficiente a non far fallire Alto Calore. Allora, perché adesso ci si affanna a spiegare da più parti che, se non si aumenta la tariffa del 10% circa per 4 anni, la Società di Corso Europa è destinata a fallire? I filosofi direbbero che siamo di fronte a una fallacia logica, ad un’aporia, la cui risoluzione è impossibile, a meno che non si ricerchi tra i buoni rapporti intercorrenti tra i vari livelli di ACS e una parte della politica e dell’informazione locale. Ciò qualora alla politica e all’informazione locale non sia stato “spacciato” questo fatto come una verità e, quindi, sono state tratte anch’esse in inganno. La verità è una e una sola: o il Piano di Concordato è ancora in piedi e, allora, l’aumento tariffario non deve superare il 3,5% annuo oppure la gestione dell’ultimo anno ha prodotto tanti debiti da rendere il Piano di Concordato inefficace e, di fatto, nullo, tanto da imporre un aumento tariffario monstre. Una terza ipotesi non è ammissibile, soprattutto se si considera che tutto è stato fatto senza nessuna comunicazione ai Soci! Qualcuno, poi, invoca la tariffa unica regionale e chiede la perequazione per le zone interne, senza sapere di cosa parla. La tariffa unica regionale sarebbe, però, molto più bassa di quella applicata da Alto Calore adesso e, quindi, figuriamoci di quella dopo gli aumenti previsti. Se corrispondesse a verità che, senza l’incremento prospettato delle tariffe, ACS fallirebbe, allora con la tariffa unica regionale si potrebbero anche portare i libri in tribunale!
La tariffa unica regionale penalizzerebbe notevolmente gestori come ACS che avrebbero un grave danno economico-finanziario, non recuperabile attraverso nessun sistema di perequazione. Su quest’ultimo tema, poi, andrebbe aggiunta una riflessione: dal mese di ottobre 2023, avendo ceduto le sorgenti di Cassano Irpino alla Regione Campania, ACS acquista acqua dalla stessa Regione alla tariffa di 0,28 €/metro cubo per un quantitativo di circa 1.000 litri al secondo.
Quindi, quasi metà dell’acqua distribuita da Alto Calore viene acquistata, appunto, a € 0,28/metro cubo e, poi,rivenduta agli utenti per una cifra che, nella seconda fascia di consumo, è il doppio (circa € 0,56/metro cubo) fino ad arrivare a circa € 5/metro cubo per le fasce di consumo più alte: si tratta di una perequazione di fatto, rispetto alla quale Alto Calore ottiene un notevolissimo guadagno. Si può dire che, addirittura, ACS faccia trading sull’acqua acquistata a prezzo basso dalla Regione Campania: attenti a parlare di perequazione perché, con la tariffa unica regionale, ACS sarebbe già fallita e tutto questo rincaro sull’acqua di Cassano Irpino non sarebbe possibile! Se la questione della tariffa unica regionale e della perequazione avessero avuto un minimo di fondamento economico, certamente il pool di professionisti che mi supporta non avrebbe esitato a prenderla in considerazione.
4) LA GESTIONE CORRENTE E LA CRESCITA DEL DEBITO
Concludiamo con un dato: la gestione caratteristica continua a perdere circa € 4.500.000 all’anno e il debito maturato dopo il concordato è letteralmente esploso!
La verità è che in nell’ultimo anno di gestione, Alto Calore non ha prodotto 1 centesimo di utile e, anzi, ha continuato a perdere esattamente come perdeva negli anni scorsi quando, però, doveva pagare la bolletta energetica di Cassano Irpino che ammontava a € 15.000.000: è come se in una famiglia che negli anni ha fatto 1.000 € di debiti almese per pagare ilmutuo della casa,tolta la rata del mutuo stesso, continua a fare debiti per € 1.000 al mese. Capisce anche un bambino che il problema non è il mutuo ma le mani bucate di chi gestisce la famiglia! La risposta a questa emorragia quale sarebbe? Facciamo pagare gli utenti! E a ciò si aggiunge: se gli utenti non pagano, Alto Calore fallisce! E, ancora: se Alto Calore fallisce, ne pagano le conseguenze i cittadini e i Comuni Soci! Conclusione della favola: pagate voi utenti e state zitti per non aver guai peggiori!
Su quest’ultimo anno di gestione – e qui risiedono le perplessità sulla permanenza dell’attuale management, a prescindere dal fatto che sia l’avv. Lenzi o meno – si devono aggiungere delle considerazioni. Il fatturato nel corso del 2024 è crollato: è circa € 6.000.000 in meno rispetto al 2023 in un’Azienda già disastrata.
Ora, per quanto non si sia un raffinato economista, non pare difficile capire che, se riduci i ricavi e rimane invariata la spesa, non ci sono grandi possibilità di conquistare redditività.
In una casa, se spendi sempre la stessa cifra per le spese ordinarie ma incassi meno, pare
improbabile riuscire a pagare i debiti vecchi. E questo è accaduto nell’ultimo anno in Alto Calore. Poi, perché non si dice che la Società ha completamente bloccato le letture di contatori e, ad oggi, il numero di utenze lette è ridicolo? Qualche anno fa, prendendo i bilanci che erano pubblicati sul sito fino a quando non è stato rinnovato, si è visto che, a un certo punto, c’è stato un incremento notevole del fatturato che ha coinciso con una massiccia campagna di letture. Si era arrivati quasi a € 53.000.000 di fatturato, a fronte degli attuali € 41.000.000. Persino il Piano di Concordato prevede un fatturato di circa € 44.000.000: in un’Azienda in crisi, che non ha soldi e deve pagare un debito enorme, anche se falcidiato, diminuire il fatturato di € 6.000.000 è un danno enorme. E, poi, c’è un effetto collaterale che molti dimenticano e che rappresenta un’ipoteca pesantissima per il futuro: se non si legge, i consumi consuntivi vanno in prescrizione dopo soli 2 anni e, quindi, Alto Calore perde cifre notevolissime per crediti che vengono ricalcolati al ribasso. Visto che le campagne di lettura sono ferme da almeno 2 anni, è presumibile che si sia prescritta una fetta molto ampia di consuntivi, tanto da poter ritenere quota parte dei crediti più recenti iscritti a bilancio (e, quindi, non quelli già oggetto di svalutazione nell’ultimo documento approvato) come inesigibili, con un peggioramento dell’esposizione debitoria di ACS. Sia chiaro che non stiamo parlando di incassi ma di fatturato: l’incassato è, per forza di cose, ancora più basso per la morosità, per le fatture recapitate a utenti inesistenti, per ricalcoli a seguito di letture. Quindi, rispetto alla spesa, che è certa e si aggira intorno a € 45.000.000 all’anno (dati di bilancio), si hanno incassi certamente inferiori a € 40.000.000. Per tornare all’esempio casalingo e renderlo più completo, è come se ogni mese si incassano complessivamente € 2.000 ma la spesa è di € 3.000: dopo poco, la famiglia sarà sommersa dai debiti. Alto Calore è proprio quella famiglia inevitabilmente indebitata e nell’ultimo anno si sono aggiunti anche tanti nuovi debiti emersi dopo il concordato e fino all’omologa. Lo squilibrio strutturale è in questi pochi numeri che si forniscono. E, purtroppo, a un Amministratore Unico che ha sempre dichiarato l’inversione di tendenza rispetto al passato bisogna opporre la dura realtà dei fatti che testimoniano una crisi sempre più grave. Si ribadisce che oggi avremmo voluto celebrare il successo dell’Amministrazione attuale perché avrebbe significato la salvezza dell’Alto Calore e dell’acqua pubblica ma, considerate le circostanze, bisogna onestamente dire che c’è bisogno di un cambio, nostro malgrado. A tutto ciò che riguarda la stretta evidenza dei numeri si aggiungono anche elementi tecnici e organizzativi importanti.
Nel corso dell’ultimo anno, purtroppo, l’Amministratore Unico, almeno fino all’avvento del nuovo Direttore Generale, non ha organizzato l’Azienda, non ha dato input operativi a nessun servizio, non ha effettuato le gare per la riparazione delle perdite, non ha fatto nessuna azione per recuperare crediti o ridurre il debito ma si è proceduto per inerzia (e i numeri lo testimoniano), tanto che, a un certo punto, qualcuno ha imposto, appunto, la figura del Direttore Generale per evitare di morire senza neanche accorgersene.
Il D.G. si è trovato ad affrontare una situazione disperata: non esisteva una struttura organizzativa, smembrata progressivamente; non era stata svolta una sola azione per ridurre il debito; i contratti per la manutenzione delle reti idriche erano scaduti e con migliaia di perdite non riparate; la spesa è aumentata disordinatamente e le risorse per qualsiasi attività sono man mano svanite; non c’era nessun progetto finanziato, se non quelli che facevano riferimento alla precedente direzione tecnica dell’Azienda. Soprattutto, per quanto riguarda la grave crisi idrica di queste settimane (che peggiorerà, nostro malgrado), va detto che nello scorso anno l’Amministrazione ha deciso di sospendere tutte le gare per la manutenzione e si è andati avanti con piccoli affidamenti per le perdite più urgenti lasciandosene alle spalle circa un migliaio su tutto il territorio servito: il risultato è che oggi, proprio a causa di tutte le perdite non riparate, la mancanza di acqua è ancora più grave di quanto sarebbe stata se l’Azienda avesse provveduto per tempo a svolgere azioni di prevenzione dei disservizi idrici.
Negli anni passati, a dicembre dell’anno precedente si iniziavano i lavori per evitare crisi idriche in estate mentre quest’anno – e lo hanno visto tutti – l’acqua scorreva a fiumi nelle strade! E, tornando alla vicenda della sanzione ARERA, non si dimentichi che, quando si è insediato il Direttore Generale, non esisteva uno straccio di documento che riguardava i dati della qualità tecnica e contrattuale: in pochi mesi, questo ingegnere venuto dalla GORI ha rimesso in piedi l’organizzazione, al netto delle ingerenze della politica alimentate dall’Amministrazione (alle quali il DG tenta di resistere), ha predisposto i documenti per la qualità tecnica e contrattuale, ha preparato tutti gli atti per la tariffa, ha avuto milioni di euro di finanziamenti. Insomma, qualcosa questo pover’uomo in 4 mesi l’ha pure fatta! Considerato che è giunto proprio il Direttore Generale a reggere l’Azienda in tutti suoi aspetti, sia tecnici che economico-gestionali e che a questi viene giustamente e opportunamente pagato uno stipendio adeguato per le responsabilità e il ruolo, in una Società in concordato non sarebbe un atto di esempio e dignità da parte dell’Amministratore Unico proporre all’Assemblea dei Soci una riduzione del suo emolumento mensile di circa € 6.500? E ci chiediamo cosa possano mai immaginare Giudice Delegato e Commissari dell’azione del management di Alto Calore nell’ultimo anno che ha prodotto, purtroppo, inerzia e debiti mentre in 4 mesi è arrivato un professionista capace che sta tentando di rimettere in piedi la baracca. E, poi, chiscrive e chi ascolta deve decidere quale sia il ruolo della Regione Campania: o è la panacea di tutti mali o ne è la fonte. Soprattutto, una scelta precisa la devono fare in Alto Calore: non si può, infatti, immaginare che, quando le cose non vanno bene, i vertici e i funzionari di Alto Calore corrano negli uffici di qualche assessore o dirigente regionale a chiedere fondi per progetti, per l’ERC, per Cassano Irpino, per i lavori di manutenzione che non si riescono a eseguire mentre, quando la Regione stessa non può soddisfare tutte le richieste di questo bambino capriccioso, Santa Lucia diventa la madre di tutti i mali dell’Azienda, un ostacolo sulla strada del risanamento e una fonte di crisi per l’autonomia e l’indipendenza di una società (mai) florida e (mai) solida! Spieghiamo ai cittadini che oggi Alto Calore esiste perché la Regione Campania si è addossata l’onere di prendere la gestione di Cassano Irpino che costa almeno € 15.000.000 all’anno, perché corrisponderà una cifra complessiva di oltre € 30.000.000 per l’ERC e perché sta finanziando una serie di progetti che miglioreranno le reti idriche dell’intera provincia di Avellino. Senza la Regione Campania, oggi non si parlerebbe di Concordato ma di liquidazione dell’Alto Calore! Diciamolo una buona volta! E lo dicano chiaramente in Alto Calore! Come dobbiamo dire che l’aumento della tariffa non è voluto dalla Regione Campania e che, qualora i Soci dovessero – come auspichiamo – bocciarne la proposta, non sitratterebbe di una sconfitta della Regione perché gli aiuti previsti persalvare ACS sono già stati forniti e, quindi, a perdere sarebbe solo chi la tariffa l’ha proposta.
9 Qualcuno vorrebbe inscenare sul tema tariffe un duello da Cavalleria Rusticana tra detrattori e sostenitori della Giunta De Luca nella prossima Assemblea dei Soci ma la realtà è che la Regione Campania ha già fatto quanto in suo potere per sostenere l’Azienda e di più non ha chiesto né può fare.
Tutto ciò vale, però, a meno che non si cada nella tentazione di creare il mito degli amministratori coraggiosi che lottano contro il gigante regionale e la spuntano come un novello Davide: si dovrebbe avere la decenza di riconoscere ciò che Santa Lucia ha fatto e quanto, purtroppo e nostro malgrado, è stato dilapidato nell’ultimo anno di gestione di Alto Calore.
La Regione Campania, come detto, viene invocata, da un lato, come salvatrice, considerato che si è presa l’onere della bolletta energetica di Cassano Irpino e assicura milioni di euro per il ristoro ERC ma, intanto, in qualche colloquio privato, viene ritenuta come la sola, grande e unica responsabile della crisi idrica tanto da invocare l’intervento del Governo centrale per togliere la gestione del settore all’Ente Idrico Campano: la Regione Campania, con le sue varie articolazioni funzionali, nelle parole di uomini di punta dell’Azienda non sarebbe altro che una serie di lacci e lacciuoli che
inibiscono l’operatività di Alto Calore.
Onestà intellettuale, prima di tutto: la stessa che, credetemi, anima me, un semplice artigiano della politica, che ha chiesto l’aiuto di menti brillanti per trovare una soluzione ai mali di Alto Calore, condividendo la strada da percorrere fra tutti, cittadini, amministrazioni e dipendenti.
Non è una battaglia politica, non si tratta della difesa di posizioni amicali o di attacchi personali ma solo di una presa d’atto di una situazione insostenibile, scoperchiata dalla polemica delle tariffe ma, come visto, che affonda le proprie radici nella gestione dell’Azienda, ahimè, non all’altezza delle aspettative e delle necessità di ACS, che ha bisogno di un deciso cambio di passo, con nuovi interpreti: ciò perché, alla luce della condizione descritta, serve qualcuno che, invece di difendere quanto già fatto, segnato da molteplici – forse inevitabili, per onestà – errori, decida di rivoluzionare il vecchio Alto Calore, appoggiandosi all’esperienza del nuovo Direttore Generale che viene da una realtà diversa e più evoluta”.