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“Il reparto di terapia del dolore è stato immaginato per accompagnare i pazienti oncologici terminali. Sostegno che non è neanche lontanamente accostabile a terapie somministrabili in ambulatorio”. Pino Rosato, presidente dell’Ordine dei medici di Avellino, stronca senza appello la scelta della Regione di sopprimere i posti letto dei reparti di terapia del dolore del Moscati e di Napoli uno.

Servono a poco le rassicurazioni che pure l’attuale manager dell’azienda ospedaliera Angelo Percopo sta cercando di fornire rispetto la decisione di tagliare ben 10 posti letto presso la terapia del dolore in applicazione del piano ospedaliero regionale datato 2016. E soprattutto servono a poco rispetto le prevedibili ricadute. Non ci saranno tagli occupazionali, ma chi lo spiegherà a quei dieci pazienti con patologie oncologiche in fase terminale, le difficoltà si toccheranno con mano.

“La sola strada percorribile”, stando alla valutazione fatta dal dottor Pino Rosato, già manager dell’azienda ospedaliera per due lunghissimi mandati, “rimane quella di riaprire da subito un confronto diretto con la Regione Campania, costi quel che costi, per cercare di individuare altre soluzioni al problema delle soppressioni previste”. “Sono certo che il manager Percopo stia già valutando possibili interventi. Purtroppo”, continua Rosato, “questo piano ospedaliero, lo sapevamo tutti, nella sua applicazione appare poco appropriato per una realtà sanitaria come il Moscati, che punta ad essere riferimento nazionale. Di fatto il Moscati annovera eccellenze riconosciute a tutti i livelli”. “In generale, sono dell’avviso che le cose che funzionano si difendono e nello specifico va evidenziato che la terapia del dolore del Moscati è una delle poche strutture in Campania che fa l’interventistica e che si occupa di tutta la parte di supporto per i pazienti oncologici. Pazienti che non sono nella condizione di avere una assistenza a domicilio ma che devono fare una terapia adeguata dal punto di vista dell’idratazione, dell’alimentazione e delle cure palliative. Un tipo di assistenza che viene assicurata dal reparto del dottore De Simone”.

Una valutazione strettamente medica che mette in rilievo però la necessità di non perdere questi 10 posti letto per la loro specificità e a cui afferivano persone provenienti da tutta la Regione Campania. E’ pur vero che si tratta di una decisione in qualche modo ereditata dall’attuale manager Angelo Percopo ma anche su questo il presidente dell’Ordine dei medici di Avellino è puntuale. “Già allora, quando ero ancora in carica”, precisa, “con il primario Enrico De Simone producemmo una copiosa documentazione da sottoporre a Percopo, per sottolineare che questi 10 posti letto avevano una loro assoluta importanza, per dire cosa si faceva utilizzando il ricovero e non solo la parte ambulatoriale”. “Certo, poi dipende anche dalla visione che ha il manager. Contro la soppressione mi sono fortemente battuto quando potevo. L’alta specializzazione che ne derivava ci metteva in competizione con Monaldi e Università Federico II, richiamando pazienti da tutta la regione e non solo. La professionalità del primario De Simone era richiesta anche da altre aziende ospedaliere, tipo il Pozzillo in Molise e non l’abbiamo trattenuto”.

Il piano regionale ospedaliero ha previsto, al contrario, l’attivazione di posti letto per i reparti di Diabetologia ed Endocrinologia e questo in virtù dei numeri che una patologia come il diabete sviluppa nel corso degli anni. Il governatore De Luca ha più volte richiamato il tema, parlando dello scandalo che vive la Campania con decine e decine di persone che ancora oggi subiscono l’amputazione del piede diabetico per mancanza di prevenzione e cure idonee sul territorio. Da questo parte il piano ospedaliero regionale e da una coperta sempre troppo corta per poter dare un’assistenza finalmente compiuta e completa ai pazienti. La verità fondamentale è che, come ha già fatto Caldoro parlando di una sanità finalmente risanata, quando si mette mano alla riorganizzazione non si dovrebbe farlo sempre e soltanto a scapito dei pazienti. Certo che si risparmia tagliando servizi, Caldoro lo ha dimostrato. Ma giocare su una scacchiera sostituendo terapia del olore con più diabetologia, quando si sa che quest’ultima è affrontabile ambulatorialmente mentre un paziente terminale no, non rimarca la differenza tra l’una gestione e l’altra.

Il presidente dell’ordine dei medici, Rosato, non lo dice e mai lo dirà. Ma toccherebbe a Percopo, in virtù della sua autonomia gestionale, riaprire un ragionamento sereno e propositivo direttamente con la Regione Campania, per mettere da parte qualche posto letto temporaneamente superfluo riaprendo le speranze ai pazienti oncologici terminali.