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Napoli – Da un lato la possibilità di avere una risorsa che possa tornare utile in tempo di crisi, dall’altra la voglia di non deturpare un paesaggio che potrebbe rappresentare una grande attrattiva sotto tanti punti di vista.

E così, resta nel sottosuolo campano un patrimonio energetico che potrebbe rappresentare una grande risorsa. Petrolio e gas che potrebbero essere utili per rispondere al periodo di rincaro dei costi e calo delle materie prime. La Campania di questi siti ne ha, ma non sono sfruttati a dovere per una serie di motivazioni che lasciano più di qualche perplessità. Regione e sindaci contro le trivellazioni, lungaggini burocratiche, valutazioni di bassa produttività e pericoli per i cittadini (il getto di vapore durante i lavori a Pozzuoli, ad esempio), tutti i motivi che hanno portato a dismettere le macchine che in passato hanno perforato gli strati di roccia per capire se erano presenti sacche di idrocarburi.

Uno stop che porta la Campania a essere una delle pochissime regioni a non sfruttare le risorse in pieno possesso. Per il Mise risultano 44 pozzi: 16 nel Sannio, 13 in Irpinia, 10 nel Salernitano e 5 nel Casertano. Tutti definiti sterili e cioè poco produttivi e privi di interesse minerario.

Eppure alcuni di questi hanno vissuto situazioni ben diverse. Il sito di Nusco non risultava poco produttivo, è stato fermato per le solite lungaggini burocratiche, la società che doveva condurre i lavori ha rinunciato dopo 8 anni di attesa. Rischiano di fare la stessa fine i siti di Pietra Spaccata nel Sannio e Casa Capozzi in Irpinia. Sono i comuni a non aver autorizzato l’inizio dei lavori.

Decisioni da parte dei primi cittadini che mettono a rischio anche i fondi stanziati per questo tipo di progetto. A rischio, ad esempio, c’è quello di Pozzuoli la cui scadenza è fissata per la fine del 2023.

Un braccio di ferro che non aiuta di certo. E la situazione non può che inasprirsi visto il DL Aiuti Ter che parla di una riattivazione delle coltivazioni in alcuni luoghi della Campania, posti che hanno un certo significato dal punto di vista economico per la regione cara al presidente De Luca, lo stesso che ha già biasimato questa possibilità visto il rischio di trovarsi le trivelle sulle coste più belle del mondo.

E intanto, la risorsa resta al suo posto, inutilizzata. Nessuno vuole deturpare un territorio, ma come sempre accade, uno stop è solo il modo per evitare di trovare una soluzione all’altezza, una che sappia unire la bellezza del luogo e lo sfruttamento delle risorse che lo stesso luogo sa regalare.