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NAPOLI – Se tutto va bene, questo 29 marzo 2022, per Napoli, sarà una giornata storica. E’ la giornata, infatti, in cui si sono poste le basi per far cambiare davvero le cose.

Il Comune ha firmato il Patto con il Governo centrale: 1,231 miliardi di euro che dal livello centrale si trasferiranno a Palazzo San Giacomo per arrivare ad avere tra 21 anni una città catapultata finalmente nella modernità. E, intanto, non farla fallire sotto il peso del maxi debito di 5 miliardi di euro in cui l’ha lasciata l’amministrazione De Magistris. 
 
Ora, detto che non è certo la prima volta nella storia repubblicana che Napoli beneficia di un finanziamento straordinario da parte di Roma, questa volta, gli attori protagonisti – il sindaco Gaetano Manfredi e il premier Mario Draghi – promettono che può essere la volta buona per almeno due motivi: perché i soldi arriveranno solo se Napoli, di sei mesi in sei mesi, dimostrerà che li sta spendendo bene.
 
E perché quei soldi vanno ad incrociarsi con quelli del Pnrr, i fondi dell’Europa che vogliono accompagnare la nostra transizione ecologica per la next generation.
 
E quindi: al Maschio Angioino, ad attendere Draghi in arrivo da Roma, c’è un Manfredi fresco di barbiere e particolarmente emozionato. Del resto, per accettare la candidatura a sindaco, aveva voluto un impegno politico nazionale per arrivare proprio a questo giorno.
 
Certo, oggi sono felice. Ma avverto anche il carico di responsabilità – confida ai cronisti – Con i soldi del Governo, mettiamo in campo un progetto ambizioso ma concreto. Ora, però, occorre uno sforzo collettivo”.
 
Manfredi, che già più volte ha detto di non credere all’uomo solo al comando, men che mai all’uomo della provvidenza, si rivolge ancora alla cosiddetta società civile napoletana: “Si è un po’ addormentata in questi anni, anche perché non ha trovato gli interlocutori giusti. Ma ora ci aspettiamo di più. Il pubblico può arrivare fino a un certo punto, poi spetta ai privati. Abbiamo bisogno anche dei napoletani che nel tempo si sono allontanati dalla città. Se fallisco? Beh, a quel punto sarà giusto che vada a fare qualc’altra cosa”.
 
Nella Sala dei Baroni, poi, davanti a Draghi e “a tutta la classe dirigente della città”, ricordando da dove si era partiti, rievoca un “quadro desolante”, col “dissesto che sembrava inevitabile” e “la città che negli ultimi anni ha visto la costante perdita della sua popolazione più dinamica”: i giovani, spessissimo con una laurea in tasca.
 
Ma ora, in proiezione futura, immagina una Napoli, anzi “un’area metropolitana”, “porta del Mediterraneo”, con “un potenziamento amministrativo” derivante da 1000 assunzioni al Comune; con una transizione ecologica caratterizzata in primis “dal completamento del ciclo dei rifiuti con più differenziata e i 2 impianti di compostaggio”; un trasporto su gomma “elettrificato”; una Metro finalmente coi treni e le linee completate; una riqualificazione urbana da Scampia a Ponticelliche affronti l’emergenza abitativa”; un modello culturale “sull’esempio del Rione Sanità”.
 
Questo 29 marzo 2022, quindi, a poco meno di 6 mesi dalla sua elezione, potrà essere ricordato come un inizio bis della missione da sindaco di Manfredi. Certo: se tutto andrà bene.