- Pubblicità -
Tempo di lettura: 2 minuti

Avellino – L’Avellino colleziona l’ennesimo pareggio. Ennesima delusione per il pubblico del Partenio-Lombardi che aveva ben sperato dopo il gol del vantaggio di Molina. Una prestazione “bella” a metà. Gli uomini di Walter Novellino nel primo tempo, seppur stentando, hanno giocato una partita discreta. Nella ripresa, la squadra, sembra essere rimasta negli spogliatoi.

Nonostante il Carpi ha creato poco, Calabro, da buon stratega ha saputo colpire al momento giusto. Il tecnico degli emiliani lo ha ammesso in conferenza stampa “Già alla fine del primo tempo, l’Avellino, era calato“. Da qui i cambi sistematici che hanno prestato il fianco al Carpi, che ha acciuffato il pari. Ovviamente i meriti non sono tutti della formazione emiliana, in mezzo ci sono anche i demeriti dei lupi.

Novellino ha cercato di correre ai ripari inserendo Matteo Ardemagni, ma volendo prendere in prestito una formula matematica “cambiando l’ordine dei fattori il prodotto non cambia“. Appunto il risultato non è cambiato. Anzi l’attaccante milanese sembra essere il gemello brutto di quello visto a Novara o nella passata stagione. Inutile dunque girarci intorno, l’Avellino è in crisi.

I motivi sembrano essere il segreto di pulcinella. Dal 15 ottobre, la sconfitta nel derby, l’Avellino non ha più trovato il bandolo della matassa. Le querelle societarie, il processo Money Gate o le dimissioni del direttore generale non sembrano funzionare come alibi. In campo conta il cuore, la grinta e il coraggio. Ad oggi, questi fattori, sembrano essere passati in secondo piano.

Non siamo una squadra di fenomeni”. Una frase emblematica espressa da Novellino, ma non c’era bisogno della zingara caro mister. Il calcio non è una scienze esatta. Non contano i nomi o Messi di turno. In questo momento conta la testa, che ultimamente sembra essere andata a farsi benedire. Non basta appellarsi ai campionati vinti nei tempi indietro, il presente parla di un lupo ferito.

Nel bene o nel male le critiche del pubblico devo far maturare la squadra. Ma esporre il proprio allenatore a continue critiche e frecciate tende a giustificare l’operato societario in termini di mercato estivo, ma finisce col concedere eccessivi alibi agli attori protagonisti, i calciatori che scendono in campo. Da oggi bisognerà lavorare sulla testa, ma soprattutto capire chi merita di indossare la gloriosa casacca dell’Us Avellino 1912, ma soprattutto è tempo di soffrire uniti.

[Foto: UsAvellino1912]