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Gli inquirenti ipotizzano l’esistenza di un preoccupante scenario di traffico di rifiuti speciali (non pericolosi), tra Italia e Tunisia. Sono 11 le misure cautelari eseguite oggi dalla Dia di Potenza e dai carabinieri del Noe di Potenza, coordinati dalla procura del capoluogo lucano. Quattro indagati sono finiti in carcere, cinque ai domiciliari, per altri due è scattato l’obbligo di dimora. Sedici le persone coinvolte nell’inchiesta, cui si aggiungono quattro società.

Tra gli indagati, ci sono tre funzionari salernitani della Regione Campania. Per uno di loro, il 66enne Vincenzo Andreola, il gip di Potenza ha disposto gli arresti domiciliari. Stessa misura per Antonio Cancro, 53 anni, Innocenzo Maurizio Mazzotta, 62 anni, Ciro Donnarumma, 44 anni, Federico Palmieri, 27 anni. Ordine di carcerazione, invece, per gli imprenditori Alfonso Palmieri, 39 anni, Tommaso Palmieri, 70 anni, oltre al tunisino Mohamed El Moncef Bin Nourradine, 45 anni, e a Paolo Casadonte, 43 anni. Per Carmela Padovani, 32 anni, e Francesco Papucci, 48 anni, disposti l’obbligo di dimora e il divieto di accesso negli uffici delle società per cui risultavano lavorare, di fatto o di diritto.

Sotto la lente degli inquirenti, quattro spedizioni di 282 containers in tutto. Sarebbero state provenienti da Polla, nel Vallo di Diano, e trasferite in Tunisia tramite il porto commerciale di Salerno. Quando il caso è esploso nel paese nordafricano, tutti i container sono stati rispediti in Italia. In totale 7.891 tonnellate di immondizia.

Secondo gli investigatori, il “funzionario amministrativo (Andreola Vincenzo)” sarebbe stato
“disponibile ad assecondare (illecitamente) le pratiche della S.R.A. (azienda dei Palmieri, ndr), consentendo di ottenere le necessarie autorizzazione anche a fronte di evidenti e macroscopiche irregolarità”. Le modalità “dei fatti, l’immediata “disponibilità” dimostrata dai funzionari della Regione Campania – si legge nell’ordinanza di misura cautelare del giudice Lucio Setola -, le evidenti anomalie che hanno caratterizzato l’iter della pratica di autorizzazione, sono tutti elementi che portano a ritenere probabile una pregressa conoscenza da parte del gruppo Cancro-Palmieri della “disponibilità” dei funzionari della Regione Campania a favorire i traffici illeciti transfrontalieri“.

Inoltre, “nell’ambito dell’intera indagine aleggia pesante il dubbio che la disponibilità dimostrata a porre in essere condotte illecite (con disinvoltura e una convinzione d’impunità) da parte dei funzionari pubblici (sia italiani che stranieri) sia frutto di accordi corruttivi”. Il profilo sarebbe “emerso nell’ambito delle parallele indagini Tunisine, ma che non ha trovato -allo stato- riscontri nelle indagini poste a fondamento del presente provvedimento”. Tale sospetto trae origine dalla “certezza con cui si esprime il Casadonte «quando nel messaggio del 18/9/2019 informa il suo socio Bouakif Rafik (non indagato, ndr) del rimedio individuato nella Regione Campania, vale a dire: “La notifica la stanno
facendo in Campania dove nn abbiamo alcun problema. Solo i tempi tecnici che saranno di circa 40 giorni”“. Ciò, per la Procura di Potenza, “dimostra e conferma l’esistenza -già da prima dei fatti per cui si procede- di rapporti tra il gruppo Cancro-Palmieri e l’Andreola (funzionario della regione campana)”. Relazioni “tali da consentire ai primi di avere la certezza in merito all’esito della pratica”. Ora gli indagati raggiunti da misure potranno replicare alle contestazioni negli interrogatori di garanzia.