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E’ esperto nel fare ottenere risarcimenti ai grandi invalidi ed era stato al Parlamento europeo a parlare dei diritti dei macrolesi in incidenti stradali. Per Raffaele Gerbi, 56 anni, avvocato romano, fondatore di uno studio di consulenza e mediazione, come riporta oggi il Corriere della Sera, i giudici di Milano hanno ordinato il sequestro in via preventiva (confermato dal Riesame) fino a 40 milioni di euro: 30 a lui, e il resto a 12 coindagati e società a lui riconducibili.

Secondo il quotidiano, è accusato, con gli altri, di aver truffato i propri assistiti disabili in almeno 20 maxi transazioni con le assicurazioni negli ultimi tre anni, facendosi retrocedere sino al 70% dei 68,5 milioni di danni liquidati dalle compagnie. Truffa è l’accusa su cui si basa il sequestro disposto del gip Cristian Mariani chiesto dal pm Carlo Scalas con l’aggiunto Laura Pedio.

La truffa sarebbe stata messa a segno sottacendo il reale funzionamento dei cosiddetti “patti di quota lite”: accordi con i quali un legale propone al cliente un obiettivo di risarcimento e si assume tutti gli oneri e spese, in cambio del poter incamerare tutta o gran parte della somma ottenuta in più nella transazione. Intercettazioni e testimonianze di otto famiglie di invalidi testimonierebbero che quando, per esempio era prospettato a un cliente mezzo milione di risarcimento, gli era taciuto che, sulla base dei parametri con le compagnie quello reale sarebbe stato di 4 o 5 milioni.

La Cassazione lo chiama “silenzio malizioso” (era taciuto anche che Gerbi già otteneva dalle compagnie il pagamento dei suoi onorari, pari in genere al 10%) e la truffa sarebbe stata ai danni di vittime di incidenti, le quali sfruttate nella “condizione di minorata difesa per le lesioni psicofisiche gravissime” e per “l’essere sprovviste di conoscenze giuridiche”, avrebbero quindi riportato perdite patrimoniali “di straordinaria gravità per le loro vite bisognose di interventi chirurgici e assistenza perpetua”. Per gli inquirenti è un “associazione a delinquere” con procacciatori di clienti in Lazio e Campania, curatori delle pratiche, e due bancari.

I difensori, per contestare l’accusa di truffa hanno prospettato l’assenza di trucchi nei patti di quota lite, a loro avviso molto migliorativi degli obiettivi prospettati ai clienti da precedenti avvocati e hanno sottoineato che i bonifici di retrocessione a Gerbi di parte dei risarcimenti fossero firmati dai clienti. Ritengono infine l’imputazione sovrapponibile a quella per la quale il 15 giugno 2022 un altro gip aveva negato misure cautelari.