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Eboli (Sa) – Una giornata intensa con un incontro che aveva una missione ben definita, di speranza: la sottoscrizione di un protocollo.

Il teatro è stato la casa di reclusione di Eboli, l’Icatt, l’Istituto a Custodia Attenuata per il Trattamento delle Tossicodipendenze e/o Alcol dipendenze. Una struttura che guarda la cittadina cilentana dall’alto e che accoglie 33 detenuti: tutti pienamente integrati, tutti attivi, tutti pronti a rimettersi in gioco.

Il protocollo è stato firmato alla presenza della direttrice Concetta Felaco, del presidente del Tribunale di sorveglianza di Salerno, la dottoressa Monica Amirante, il garante dei detenuti Samuele Ciambriello e il Direttore delegato dell’Associazione Sophis, il dottor Marco Botta direttore operativo del Moa.

La struttura ebolitana, al di là di una posizione di netta tranquillità, ha proprio un’immagine completamente diversa rispetto a quella dei normali penitenziari. Un castello, con un giardino e un orto da lavorare. Una grande famiglia nella quale è possibile ascoltare ogni singolo problema.

E il benessere del detenuto si traduce nella migliore gestione della vita interna. Evidentemente, nella struttura salernitana è proprio questa l’aria che si respira, segnale che, nei limiti delle possibilità, ognuno si sente parte di un meccanismo che gira a dovere e che rende il tempo meno pesante e asfissiante di quanto già non lo sia all’interno di 4 mura.