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Palomonte (Sa). Prosegue con l’ascolto dei testi della Procura della Repubblica di Salerno dinanzi al Procuratore Generale e al collegio dei giudici della Corte d’Assise di Salerno, il processo per l’omicidio dell’operaio bracciante agricolo indiando Singh Gurinder, ucciso, fatto a pezzi e gettato nel vallone Vonghia, nel comune di Palomonte, nel dicembre del 2021 ed il cui cadavere fu ritrovato solo nel febbraio dell’anno successivo da una famiglia di pastori del posto.
Il processo che vede imputate sei persone, tra cui un indiano nonché collega della vittima e ritenuto l’assassino del 35enne, la datrice di lavoro della vittima e amici e parenti dell’imprenditrice, accusati a vario titolo dei reati di omicidio aggravato, decapitazione, occultamento di cadavere, favoreggiamento e falsa testimonianza, ha preso il via pochi mesi fa, a seguito della decisione del Gip di rinvio a giudizio dei sei indagati e dell’arresto del collega della vittima che si trova rinchiuso nel carcere di Fuorni e che è ritenuto dagli inquirenti l’assassino.

La vittima, Singh Gurinder, 35 anni, indiano, sposato, lavorava come bracciante agricolo alle dipendenze di un’azienda zootecnica bufalina sita in località Piana San Vito nel comune di Sicignano degli Alburni quando, nel 2021 scomparve misteriosamente dall’azienda in cui lavorava e dove viveva insieme al collega salvo poi, nel febbraio 2022, rinvenire il corpo ormai senza vita e cadavere in avanzato stato di decomposizione, sventrato, fatto a pezzi e gettato nel torrente Vonghia sito nel comune di Palomonte. A rinviare a giudizio l’assassino e indiano Singh Davinder e gli altri cinque imputati, il Giudice per le indagini preliminari Gerardina Romaniello. Alla base dell’efferato omicidio, avvenuto all’interno dell’appartamento container-dormitorio dei due operai e sito nell’azienda bufalina, ci sarebbe stato un litigio tra i due colleghi indiani causato da un probabile abuso di alcol. Follia omicida che ha portato Davinder, dopo aver ucciso, sventrato e fatto a pezzi il corpo del collega ormai senza vita, a caricarlo a bordo della sua autovettura e a recarsi in località Vonghia dove lo ha occultato, gettando il cadavere a pezzi tra i rovi, in un dirupo sottostante il ponte che attraversa il vallone, tra vegetazione ad alto fusto, acqua e animali selvatici vaganti. Episodio che sarebbe accaduto, secondo la Procura della Repubblica a metà dicembre 2021.

I fatti risalgono all’8 febbraio 2022 quando i cani di proprietà di una famiglia di pastori che viveva in località Vonghia, a pochi passi dall’omonimo torrente sito nel comune di Palomonte, trovarono i resti di ossa di cadavere umano che trascinarono fino davanti all’abitazione dove la coppia viveva con i figlioletti piccoli. Alla vista del cranio, la coppia allertò i carabinieri di Contursi Terme che, giunti sul posto dopo ore interminabili di ricerche, tra i rovi del bosco e gli uliveti, a ridosso del vallone, rinvennero resti sparsi e a pezzi di un cadavere umano in avanzato stato di decomposizione. Cadavere irriconoscibile e che, solo grazie agli esami sul dna effettuato su ciò che restava del corpo sventrato e decomposto, è risultato un anno dopo, appartenente ad un uomo, di nazionalità indiana, bracciante agricolo presso un’azienda di allevamento di bufale sita in località Piano San Vito di Sicignano degli Alburni, ucciso secondo gli esami autoptici medico-legali, tra il 22 e il 28 dicembre 2021. Sono stati i carabinieri infatti, dopo mesi di indagini e di interrogatori di cittadini stranieri e italiani residenti tra i comuni di Palomonte, Sicignano degli Alburni e la Basilicata, a delineare il quadro investigativo dell’inchiesta che ha prima portato il Pm Giampaolo Nuzzo ad iscrivere sei persone nel registro degli indagati fino al rinvio a giudizio stabilito dal Gip dei sei indagati, oggi finiti a processo dinanzi alla Corte d’Assiste, a cui si è aggiunta la testimonianza chiave della vedova del 35enne, giunta dall’India in Italia lo scorso anno, assistita dall’avvocato Luigi Gaudiano, dove ha ripercorso minuziosamente gli ultimi giorni di vita in cui era stata in contatto con il marito e che ha fornito dati e messaggi ai fini delle indagini. La vedova inoltre, si è anche costituita parte civile nel processo.

A processo anche la datrice di lavoro della vittima con i suoi familiari e alcuni vicini di casa, accusati di aver dichiarato il falso al loro legale e alla Procura, sviando così le indagini sul caso, circa il periodo in cui la vittima era scomparsa dall’azienda zootecnica. I cinque quindi, sono finiti a processo con le accuse di falsa testimonianza e favoreggiamento mentre nelle scorse ore il collegio dei giudici della Corte d’Assise ha ascoltato i testi della Procura, i carabinieri di Contursi Terme e la donna, allevatrice di bestiame di Palomonte, che ha rinvenuto il cranio dell’uomo dinanzi alla sua abitazione in località Vonghia.