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Valva (Sa) – “La ricostruzione delle opere pubbliche e private lasciata a metà e le zone industriali diventate “cattedrali nel deserto” sono il simbolo del fallimento politico e istituzionale di una terra dimenticata e tante volte, ingannata, ma nel giorno del silenzio e del ricordo, osservo con non poca meraviglia, l’ipocrisia della passerella politica di chi pensa di pareggiare i conti con la storia, presentandosi alla cerimonia commemorativa indossando il vestito nuovo“.

Non usa mezzi termini, l’ex sindaco di Valva ed ex assessore provinciale alla viabilità, Michele Cuozzo, che oggi, nel quarantennale del sisma che il 23 novembre 1980 distrusse e rase al suolo interi paesi dell’Alto Sele e dell’Irpinia, provocando circa tre mila morti e 280 mila sfollati, invita le istituzioni politiche a fare autocritica su ciò che è stato il dopo terremoto di cui il territorio della Valle del Sele e Tanagro ancora porta visibilmente i “segni” con una ricostruzione delle opere di edilizia pubblica e privata lasciata a metà e mai completata.

Sisma che costrinse gli abitanti della Valle del Sele a vivere prima nelle tendopoli e successivamente, in casette di legno e amianto prefabbricate. Macerie, povertà e interi paesi dove ricostruire il tessuto economico e sociale, a cui lo Stato rispose emanando una legge “ad hoc” a favore delle popolazioni terremotate, la Legge 219/1981 che stanziò svariati miliardi di lire di finanziamenti pubblici destinati alla ricostruzione delle opere di edilizia pubblica e privata delle cittadine colpite dal sisma.

Alla 219 seguì anche la Legge 32 del 1992 che, nei comuni della Valle del Sele, finanziò la realizzazione delle quattro aree industriali del cratere site a Oliveto Citra, Buccino, Palomonte e Contursi Terme. Finanziamenti pubblici per la realizzazione di opere pubbliche e private che ben presto finirono sotto la lente d’ingrandimento della commissione parlamentare antimafia, della commissione parlamentare d’inchiesta e della Magistratura, con inchieste, arresti e processi, sugli intrecci tra politica, partiti, imprenditori e criminalità organizzata, circa la gestione dei fondi per i lavori di ricostruzione. Inchieste che fecero emergere quello che venne definito dalla commissione parlamentare antimafia, come una vera e propria organizzazione criminale con intrecci politico-mafiosi caratterizzati da episodi di corruzione.

Ombra della camorra e scandali politici che per anni hanno “aleggiato” sulla ricostruzione, marchiando indelebilmente parte della storia di un Mezzogiorno ferito e che con non poche difficoltà, ha provato a rialzarsi grazie al lavoro di migliaia di volontari giunti da tutto il mondo, a famiglie e giovani del posto.

Una terra, quella del cratere, attraversata dal dolore per le centinaia di lutti subiti a seguito del sisma, dove i sopravvissuti continuano ancora oggi, a tenere accesi i riflettori sulla memoria nel ricordo di chi, in quel tragico evento, perse la vita.

Il ricordo oggi – spiega Cuozzova al dolore, alle perdite umane, alle sofferenze e alle difficoltà di quegli anni di una terra dove quel catastrofico e doloroso evento mise a nudo la povertà, facendo emergere un pezzo del Mezzogiorno abbandonato al suo triste destino e caratterizzato da una economia antica rurale ed agricola, fatta di emigranti, braccianti e contadini, e contemporaneamente, costringendo la politica a fare i conti con un mare di soldi pubblici da gestire. Da ogni parte d’Italia e del mondo giunsero uomini e donne per portare solidarietà e successivamente-racconta-per trarne profitti. Governare in quel tempo, se da un lato era difficile -dice- dall’altro lato significava avere risorse economiche a disposizione, strutture, un futuro da programmare e capacità di creare uno sviluppo che non c’è mai stato”.

Finanziamenti pubblici a pioggia che giunsero anche nel cratere quindi, elargiti con lo scopo di creare economia e dove ogni posto di lavoro costò allo Stato circa 750milioni di vecchie lire, per quella che si rivelò ben presto, l’illusione di una falsa industrializzazione con il più grande spreco di danaro pubblico, mentre le opere di ricostruzione di edilizia pubblica e privata, bloccate ripetutamente per contenziosi giudiziari tra Enti comunali e imprese esecutrice dei lavori, in alcuni comuni, non sono mai terminate. Ricostruzione quindi, come occasione di un mancato sviluppo del territorio – “con aree industriali che hanno registrato fallimenti a catena, nel tentativo, mal riuscito – chiosa l’ex sindaco – di pareggiare i conti con la storia” e un territorio, quello del cratere, che ancora oggi si mostra in parte cantiere e macerie.

Qualcosa – aggiunge Cuozzonon è andato come doveva e da qualche parte, vi sono ancora ruderi che fanno brutta mostra, a testimonianza del fallimento di una stagione che appare lontana e con Comuni che ancora oggi si trovano a fare i conti con debiti, paesi semideserti e la rassegnazione“.

Oggi – conclude l’ex sindaco, lanciando un monito alle Istituzioni – c’è poco da festeggiare, sarebbe invece più giusto interrogarsi su cosa si poteva fare e pretendere l’intervento dello Stato per varare una norma di chiusura che metta definitamente la parola “fine” ad una ferita ancora aperta sulla ricostruzione, onorando così la memoria dei nostri padri e dando una speranza ai figli di questa terra martoriata”.