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Con gli uomini del clan Zagaria detenuti, sono state le donne, soprattutto le sorelle del boss, a prendere decisamente in mano le redini della cosca facente parte del clan dei Casalesi, la più imprenditoriale tra le famiglie malavitose casertane. In particolare Beatrice, arrestata con l’accusa anche di associazione mafiosa, ma prima di lei le sorelle Gesualda ed Elvira, a conferma di una gestione tipicamente familiare della cosca, come avviene in Sicilia o Calabria (Zagaria ha tre fratelli e quattro sorelle). Nell’ordinanza, il Gip Federica Colucci, osserva che le somme percepite nel tempo da Beatrice e dalle tre cognate, tutte arrestate oggi, “hanno consentito loro di continuare a vivere una vita agiata, senza dover lavorare. E’ evidente come proprio tali condotte reiterate nel tempo dimostrano come la incensuratezza di alcune delle indagate è mero dato formale, non certo significativo di una personalità rispettosa delle legge”. Per il Gip, che parla in relazione alle indagate di “personalità trasgressiva”, solo la carcerazione preventiva può garantire che le donne del clan non ripetano il reato; neanche i domiciliari con il braccialetto elettronico riescono a garantirlo, “atteso che – scrive il magistrato – potrebbero continuare a ricevere somme di danaro anche a domicilio”.

Non è la prima volta che finiscono in carcere le sorelle di Zagaria; Gesualda fu arrestata nell’ottobre 2015 e condannata a quattro anni e mezzo, stessa sorte per Elvira Zagaria, ritenuta reggente del clan per conto del fratello e condannata nel giugno scorso a otto anni, mentre Beatrice, fino all’indagine odierna, era considerata soprattutto perchè madre di Filippo Capaldo, nipote ed erede designato dal boss già condannato a 10 anni di cella. E’ la prima volta in assoluto, invece, per le cognate del boss; le mogli dei fratelli di Zagaria fino ad ora non era mai state toccate dalle indagini, ed erano tutte incensurate. Tra queste spicca la figura di Francesca Linetti, moglie di Pasquale Zagaria, figlia di un importante imprenditore di Cremona che nel 1996, per evitare il fallimento della sua società, entrò in affari con la famiglia Zagaria mediante la cessione di una tenuta in Umbria per quasi un miliardo delle vecchie lire. Quest’ultime ricevevano ogni mese uno stipendio di 2500 euro, così come Paola Giuliano, moglie dell’altro affiliato di spicco Aldo Nobis, anch’essa indagata, ma non sottoposta a misura cautelare in quanto il Gip non ha ritenuto sussistenti a suo carico le esigenze cautelari. Decisive le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, come i boss Antonio Iovine e Raffaele Venosa, o gli ex fedelissimi di Zagaria, Attilio Pellegrino e Massimiliano Caterino, o l’ex vivandiere di Zagaria, Generoso Restina. Determinanti sono state le intercettazione ambientali, fatte nelle carceri dove sono detenuti Zagaria e i fratelli, viste le cautele usate dalle donne nel parlare al telefono, ma anche le intercettazioni cosiddette telematiche, avvenute mediante inoculazione di un virus all’interno del cellulare in uso alle indagate.