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Cittadella (Pd) – Qui probabilmente Cristiano Ronaldo non ci giocherà mai, ma in fondo chissenefrega. Sognare non costa nulla. I tifosi del Cittadella con questo spirito hanno riempito il ‘Tombolato’ come non avevano mai fatto nel corso in questa stagione. Il loro desiderio, come quello del Benevento, passa per una semifinale che non aveva e non ha tuttora – anche dopo l’1-2 sannita – nulla di scontato.

Lo stadio, tolta la curva – unica – riservata alla tifoseria ospite, ha due tribune. Sì, due settori interamente coperti, roba che non può vantare nemmeno il ‘Vigorito’. La capienza è di circa 7.600 spettatori, ben al di sotto anche solo della metà del numero minimo richiesto dalla Lega Serie A, ma la gente di Cittadella ha voglia di sognare. Di iniziare quantomeno a gonfiare la rete e poi, casomai, badare al resto. 

Già dal riscaldamento l’atmosfera sembra delle grandi occasioni. Dagli altoparlanti vengono fuori prima gli Acdc e poi Jovanotti, che si passano il testimone in un gesto che segna lo stacco tra i preparativi e l’ingresso in campo. Da ‘Tnt’ a ‘Il più grande spettacolo dopo il Big Bang’, tutto mentre la bizzarra mascotte del Cittadella fa il giro del campo raccogliendo anche l’applauso del settore ospiti (foto in alto); dalla tribuna est dei tifosi di casa si alzano al cielo cartoncini granata. Momenti enfatici, anche simpatici, sicuramente più di quanto si trovano a vivere nello stesso momento gli ultras giallorossi, che il pre-gara se lo perdono. Anzi, qualcosa in più. Entreranno allo stadio al 18′ del primo tempo, con il Cittadella avanti 1-0 da quasi dieci minuti e con un palo, quello colpito da Coda sul pari, che hanno potuto solo immaginare, o al massimo vedere su Dazn. 

Non è il miglior Benevento. Prende l’ennesimo gol su palla inattiva, pasticcia, si smarrisce negli ultimi sedici metri e non trova facilmente le distanze nonostante una superiorità tecnica debordante. Ma non è neanche il miglior Ghersini (ammesso che esista una sua versione migliore di quella che abbiamo sempre visto). La punizione del vantaggio granata nasce da un suo abbaglio, cosa non nuova ai tifosi giallorossi che custodiscono un taccuino nutrito di errori commessi in passato. Sta di fatto che i veneti producono il massimo sforzo e passano in vantaggio con Proia. Lo stadio a quel punto si accende, il pubblico inizia a crederci davvero e Caldirola è chiamato a un lavoro extra che svolge in modo sublime. E pensare che il ‘colosso di Desio’ nel riscaldamento si era anche fermato, vittima di un problema alla caviglia. Il forfait sembrava sicuro, poi è entrato in campo tra i titolari. Ancora più forte di prima. 

Nel secondo tempo Bucchi lascia tutto inalterato, concede qualche minuto in più al suo undici iniziale e apporta le dovute correzioni solo dopo l’espulsione di Proia per doppia ammonizione. Dentro Insigne al posto di un Ricci poco ispirato; fuori Bandinelli e dentro Buonaiuto. Sono le mosse che cambiano la partita, lanciano il Benevento in zona-gol e lo rendono più temibile dopo un rodaggio di una quindicina di minuti noiosi. Insigne segna e inventa, Coda fa 22 in campionato e il settore giallorosso impazzisce. Gli assist del napoletano diventano sette, la maggior parte dei quali per hispanico, che farà bene a regalargli come premio un orologio come pattuito (leggi qui).  Armenteros, meno estroso del solito, si fa espellere per un’entrataccia ristabilendo la parità numerica dopo il vantaggio.

Gli ultimi minuti, fino a metà recupero, sono di grande tensione. I tackle si sprecano, e in panchina c’è chi non sta più nella pelle. In quella ‘aggiuntiva’, assieme a diversi membri dello staff, c’è Ghigo Gori che supera probabilmente il suo primato personale di squat. Si alza e si risiede in continuazione, dà indicazioni ai compagni, tira fuori gli artigli e si sbraccia come non mai. “Mamma mia quanto si soffre…”, dirà stremato alla fine. Capisce l’importanza del momento, sono evidentemente attimi che ha già vissuto e che sente suoi proprio come Del Pinto, reduce da un infortunio ma leader fino in fondo.

Arriva poi il 94′, minuto in cui Buonaiuto mette dentro il 3-1, in netto fuorigioco. L’assistente numero uno sbandiera, Bucchi non se ne accorge e corre istintivamente verso i suoi tifosi. Un gesto estemporaneo, ma desiderato da chissà quanto tempo. Corre talmente veloce che nessuno ha il coraggio di provare a raggiungerlo azzardando uno scatto; a fargli capire che ciò che sta facendo è in realtà tutto vano. Se ne rende conto da solo, forse dopo aver scovato tra i suoi sostenitori qualche faccia perplessa, e torna in panchina come se nulla fosse accaduto (foto in basso). E’ il momento più bizzarro ma forse anche il più denso di una serata che il Benevento fa bene a festeggiare, a condizione di riporla fin da subito nell’album dei ricordi. La strada per sognare un’altra corsa, un altro scatto, è ancora lunga.