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Napoli – Tre condanne all’ergastolo confermate e una ridimensionata per archiviare una della pagine più feroci e sanguinose dell’eterna faida di Forcella. Cala il sipario sul processo di secondo grado e per gli uomini del gruppo di fuoco clan Buonerba, imputati per l’omicidio del giovane boss rivale Emanuele Sibillo (nella foto), arriva il massimo della pena. L’unico “sconto” la Corte ha deciso di riservarlo ad Andrea Manna, il solo ad ammettere le proprie responsabilità alla vigilia della requisitoria del pubblico ministero che alla fine del maggio scorso aveva invocato il carcere a vita per tutti gli esecutori materiali del delitto.
 
I killer di via Oronzio Costa incassano dunque il massimo della pena. I giudici della Quarte sezione della Corte d’assise d’appello di Napoli (presidente Vesci) ieri pomeriggio hanno infatti confermato il verdetto di primo grado condannando all’ergastolo gli imputati Antonio Amoroso, Gennaro Buonerba e Luigi Criscuolo. L’unica riduzione ha riguardato il reo confesso in secondo grado Andrea Manna, che è così riuscito a cavarsela con una condanna a 20 anni di reclusione. Vincenzo Rubino, imputato per tentato omicidio aggravato dalla finalità mafiosa, ha invece rimediato 15 anni e 4 mesi di carcere. Amoroso, Buonerba, Criscuolo e Manna erano tutti reduci dagli ergastoli incassati lo scorso anno nonostante le scelta del rito abbreviato e, nel caso del ras Buonerba, la confessione del delitto. La pubblica accusa aveva poi chiesto ai giudici della Quarta sezione anche la conferma delle pene inflitte a Vincenzo Rubino, imputato per tentato omicidio, e al collaboratore di giustizia Maurizio Overa: quest’ultimo in primo grado aveva incassato 12 anni di reclusione, pena confermata ieri anche dal verdetto di secondo grado. L’omicidio di Emanuele Sibillo, avvenuto la notte del 2 luglio del 2015, ha rappresentato il momento più acuto di una guerra senza quartiere che per mesi ha tenuto sotto scacco l’intera zona dei Decumani. La vittima, vent’anni ancora da compiere, fu freddata nel bel mezzo di un’incursione armata in via Oronzio Costa, bunker e piazza di spaccio sotto il controllo della famiglia Buonerba. Il giovanissimo ras, scortato dal suo gruppo di fuoco, si apprestava a mettere a segno l’ennesima stesa ma non aveva fatto i conti con i cecchini che la cosca dei “Capelloni” aveva deciso di piazzare ai piani alti della strada. Per lui non ci fu dunque alcuna possibilità di scampo.