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“Solo il 20% degli italiani tra i 25 e i 34 anni è laureato rispetto alla media Ocse del 30% e i campi di studio preferiti sono le belle arti e le discipline umanistiche, le scienze sociali, il giornalismo e l’informazione – registrando una quota complessiva del 30% tra i laureati, il tasso più alto tra i Paesi dell’OCSE; mentre per le discipline a indirizzo scientifico il 24%.”

Questi sono solo alcuni dei dati pubblicati dall’OCSE sulla situazione istruzione in Italia e in altri paesi europei e nel rapporto sulla “Strategia per le competenze”.

Partiamo dai piccoli. Tra i dati sull’istruzione spicca quello relativo alla partecipazione alla scuola dell’infanzia (istruzione preprimaria) che  in Italia è tra le più elevate con tassi d’iscrizione che raggiungono il 16% per i bambini di due anni e che superano il 90% per i bambini dai tre ai cinque anni di età. Tuttavia, in questo ciclo d’insegnamento, il livello di spesa (circa 6 500 dollari statunitensi per bambino) è inferiore alla media dell’OCSE.

Per quanto riguarda gli adulti, invece, la percentuale in possesso di un titolo di studio terziario come livello più alto d’istruzione conseguita in Italia è tra i più bassi dei Paesi dell’OCSE, con solo il 18% di laureati. Questi bassi livelli d’istruzione terziaria possono essere in parte dovuti a prospettive insufficienti di lavoro e a bassi ritorni finanziari in seguito al conseguimento di un titolo di studio terziario

Alla stregua di tutti i Paesi dell’OCSE, gli uomini rappresentano la grande maggioranza dei laureati di primo e secondo livello nel campo delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni (79% di primo livello e 86% di secondo) e in ingegneria, produzione industriale e edilizia (69% e 73%). Le donne sono sovrarappresentate nel settore dell’istruzione, delle belle arti e delle discipline umanistiche, nelle scienze sociali, nel giornalismo e nell’informazione; nonché nel settore della sanità e dei servizi sociali, sia nel primo che nel secondo livello di laurea, e anche in scienze naturali, matematica e statistica a livello magistrale, rappresentando più del 60% dei laureati in questi campi.

L’Italia registra il divario di genere più pronunciato tra i Paesi dell’OCSE a riguardo delle lauree nel settore educativo: le donne rappresentano il 94% dei titolari di una laurea di primo livello e il 91% di una laurea di secondo livello.

Passando alle competenze i dati peggiorano. Secondo il rapporto sulle “Strategie per le competenze” il futuro dei laureati italiani è nel lavoro “umile”: “Gli italiani laureati hanno, in media, un più basso tasso di competenze in lettura e matematica (26esimo posto su 29 paesi Ocse). Non solo, quelli che ci sono non vengono utilizzati al meglio. L’Italia è “l’unico Paese del G7” in cui la quota di lavoratori laureati in posti con mansioni di routine è più alta di quella che fa capo ad attività non di routine. In inglese il fenomeno è noto come ‘skills mismatch’, in italiano si potrebbe tradurre con ‘dialogo tra sordi’, dove i due potenziali interlocutori sono il lavoratore e il posto di lavoro. 

Per quanto riguarda i tassi di occupazione degli adulti laureati in Italia variano dal 71% per quelli che hanno studiato nel campo delle belle arti, all’84% per i laureati nel campo delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni e all’85% per i laureati in ingegneria, produzione industriale e edilizia, e nel campo della sanità e dei servizi sociali. I tassi di occupazione sono più elevati nei settori in cui la maggior parte degli studenti è di sesso maschile, salvo nel settore della sanità e dei servizi sociali. 

Una criticità per l’Italia è rappresentata dalla variazione significativa nella performance degli studenti all’interno del Paese, con le regioni del sud che restano molto indietro rispetto alle altre. Per esempio, mentre gli studenti della Provincia Autonoma di Bolzano ottengono risultati estremamente soddisfacenti, in linea con quelli dei Paesi che occupano le posizioni di testa nelle classifiche internazionali, quali ad esempio quelli degli studenti coreani, gli studenti della Campania si collocano più in basso, allo stesso livello di quelli cileni o bulgari. Il divario della performance tra gli studenti della Provincia Autonoma di Bolzano e quelli della Campania equivale a più di un anno scolastico.

Un divario tra aree geografiche ampio che richiederebbe interventi sulle politiche per le competenze che siano coordinati, ma al contempo differenziati sul territorio.