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Avellino – Troppo brutto per essere vero. Altro che riscatto o tante belle parole. L’Avellino visto all’Arechi è la versione più brutta dell’annata 2017/2018. In molti hanno pensato che la sfida di ritorno potesse essere la partita della svolta, ma soprattutto il colpo di spugna che poteva cancellare la sconfitta dell’andata per 2-3 ad opera della Salernitana. Invece, i biancoverdi, vengono nuovamente umiliati dalla truppa granata. Abile soprattutto a pungere nei punti deboli della formazione di Novellino.

All’andata magari qualcosa si è visto, il vantaggio poi dilapidato, ma al ritorno? Venti minuti di paura e follia. Dal gol del vantaggio di Kiyine, favorito da un tocco di Laverone, fino ad arrivare al pasticcio (è dire poco) della retroguardia biancoverde che ha steso il tappeto rosso a Sprocati. Nella ripresa, oltre a qualche piccola sortita e un rigore parato, non è cambiato assolutamente nulla. E così, Colantuono, ringrazia l’amico Monzon. Tre punti che permettono ai granata di scavalcare l’Avellino. 

E per non parlare del finale da profondo rossoCi si mette prima Molina con un fallo di reazione inutile e poi Asencio che invita il direttore di gara Aureliano a “visitare alcuni posti” per più di una volta. Due cartellino che pesano per l’economia della squadra. In questo momento, però, è giusto fare il punto della situazione in maniera approfondita. In molti hanno puntato il dito verso Ardemagni. Tralasciando i vari problemi fisici o distrazioni annesse bisogna sottolineare che spesso e volentieri, il numero nove, viene lasciato in balia degli avversari oppure sbaglia delle cose piuttosto elementari. Il digiuno da gol si fa pesante.

Discorso differente, invece, va fatto per Novellino. In settimana, il tecnico, ha varato le porte chiuse. Scelta sacrosanta soprattutto in virtù di un derby di grande importanza. “Abbiamo preparato al meglio la partita”, ma dal campo la risposta è arrivata completamente opposta. Soprattutto, all’indomani del ko, l’interrogativo rimane Castaldo. Il rientro del bomber, caricato a pallettoni, doveva essere imminente contro la Salernitana. Alla lettura delle formazioni ufficiali, però, il dieci non figurava in panchina e neppure in tribuna. Ma soprattutto assente fisicamente insieme allo squalificato D’Angelo. I due senatori all’Arechi non ci hanno messo piede. E la carica alla squadra, oltre al mister, chi doveva darla? Il magazziniere o il fisioterapista (massimo rispetto per due figure importanti forse più dei calciatori).

Ad oggi molto sono le domande a cui non sappiamo darci una risposta. All’orizzonte c’è un filotto di partite da giocare. A partire dalla sfida di Pescara di domenica prossima. Bisognerà rialzare la testa fin da subito. E di certo, al di là dell’umiliazione nel derby, la piazza teme un contraccolpo simile all’andata. L’Avellino, ora, non può permetterselo. In palio c’è la salvezza. La cadetteria, ora, è importante per una piazza che al di là delle sconfitte che vive di pane e pallone. E’ tempo di risorgere, ma non a parole. Con i fatti altrimenti si affonda. Senza ma e senza sè.