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Avellino – Trentanove anni. Trentanove anni da quel maledetto 23 novembre del 1980.  L’Avellino ebbe la meglio contro l’Ascoli per 4-2 in rimonta. Una gioia immensa per la formazione guidata da Luis Vinicio, ma alle 19.35 la tragedia. Una scossa di magnitudo 6.9, della durata di 90 secondi colpisce le province di Avellino, Salerno e Potenza. Tremila morti, diecimila feriti e quasi trecentomila sfollati. I comuni di Lioni, Laviano, Sant’Angelo dei Lombardi, Conza, Teora, Pescopagano furono distrutti in pochi secondi.

 

L’entità drammatica del sisma non venne valutata subito; i primi telegiornali parlarono di una “scossa di terremoto in Campania” dato che l’interruzione totale delle telecomunicazioni aveva impedito di lanciare l’allarme. Soltanto a notte inoltrata si cominciò a evidenziarne la più vasta entità. Pochi giorni dopo sui luoghi delle macerie si portò il Presidente della Repubblica, Sandro Pertini che lanciò il suo anatema: “Non vi sono stati i soccorsi immediati che avrebbero dovuto esserci. Ancora dalle macerie si levavano gemiti, grida di disperazione di sepolti vivi”.

Sono trascorsi 39 anni da quel maledetto giorni che cambiò radicalmente l’Irpinia. Un popolo che nonostante la grande, grandissima ferita è riuscito a rialzarsi. “Crollò tutto, tranne la nostra anima”. Un popolo che in attesa dei soccorsi scavò a mani nude. A distanza di quella malanotte molti sono gli squarci in giro per l’Irpinia e nel comune capoluogo. Buchi neri in giro per la città, ma soprattutto nei cosiddetti comuni del cratere la ricostruzione è partita a metà oppure non è mai cominciata. 

L’Irpinia è risorta, anche se quei terribili novanta secondi hanno segnato uno spartiacque fra il prima e il dopo.