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Avellino – «Dopo le tante maldestre rappresentazioni offerte gratuitamente a questa provincia, la sua venuta certifica la non affidabilità dei dirigenti del partito e, nello stesso tempo, l’esigenza del ripristino di una agibilità politica scomparsa». Così sull’arrivo del commissario in via Tagliamento, sede del Pd, Aldo D’Andrea. «Lei è persona che è nelle condizioni di dare insegnamento a noi tutti che un partito nato dalle ceneri di grandi partiti di massa, come furono DC e PCI, non può consentirsi di trascurare idealità di pensiero e etica di comportamento, fino a scadere su una sorta di deleterio crinale di caciccato di potere. Ne sarebbero minate la credibilità politica del partito, la sua capacità attrattiva, le sua stesse ragioni esistenziali, data anche la sua collocazione in una area, quella di sinistra, ove le suddette categorie valoriali sono avvertite come assolutamente primarie.

Non può, inoltre, questo nostro partito, – contonua D’Andrea – consentirsi di tollerare una prolungata arbitraria dualità nel distinguere una parte “inclusa” a danno di un’altra “esclusa” a prescindere; certe posizioni, nel nostro passato politico e sociale, hanno consentito di erigere monumenti offensivi della sanità mentale, Mercatone e Sottopasso, per esempio, disperdere ricchezze immense, come quella imbrifera, perpetrare cattiverie e insolenze i cui effetti drammatici stanno giungendo fino ai giorni nostri, come nel caso della industria Isochimica. Non può, questo nostro partito, fingere la sua esistenza tra circoli chiusi e “caminetti” ascosi che poi d’improvviso materializzano fantasmiche tessere e strategie sgangherate che cozzano contro la realtà del quotidiano vissuto; non può, infine questo sdrucito tessuto reggere lo sfilacciamento delle sue fibre ancora per tanto».