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Faceva caldo, un caldo torrido. Era il mese di agosto ed eravamo tutti lì, sull’uscio della sala stampa di un Ciro Vigorito tirato a lucido per il grande evento. Non si trattava di una conferenza qualsiasi, ma di quella che anticipava la sfida con il Bologna, la ‘prima’ in serie A della città, del Sannio, di tutti noi.

Marco Baroni parlò e sembrava sicuro di sé, ma evidentemente non quanto Antonio, che il caldo lo sfidò portandosi ai gomiti le maniche della camicia. Sull’avambraccio spuntò il simbolo del Benevento Calcio con una A stilizzata, un tatuaggio dalle misure considerevoli: “Stiamo vivendo un sogno, ho scelto di farlo perché sentivo che era la cosa giusta”, ci confidò mostrando alle telecamere di Sky Sport l’opera d’arte con un certo entusiasmo.

Antonio Buratto era così, spontaneo e profondo al tempo stesso. Ci ha lasciati oggi all’età di 74 anni, aprendo un vuoto umano e professionale difficile da colmare. Il consiglio lo aveva sempre pronto, così come la critica e l’elogio. Persona schietta e sincera, Antonio si è rivelato guida per i giovani giornalisti e pilastro per i più esperti. Funzionario in pensione della Provincia, firma della Gazzetta dello Sport, attento osservatore delle sorti del suo Benevento e amante della buona cucina, Antonio ha sofferto e gioito per i colori del cuore fino alla fine. Ha vissuto vittorie e cadute, assaporato le lacrime dei play off persi e le emozioni forti delle vittorie leggendarie, descrivendo il tutto con lo sguardo rivolto più all’onestà intellettuale che alla fierezza di un animo sannita. Quella emergeva nel privato. Dalle parole, dai gesti e dalle maniche della camicia. Ciao Antonio, ci mancherai.