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Benevento – Espongono la loro versione dei fatti gli accusati di aver aggredito un infermiere dell’ospedale Fatebenefratelli lo scorso 19 luglio. Attraverso una nota stampa redatta dall’avvocato Raffaele Scarinzi, emerge il racconto di quanto accaduto presso il nosocomio beneventano. Di seguito la nota completa:

“CHI HA FATTO VIOLENZA A CHI? Lo stabilirà la Magistratura in presenza di versioni e di denunce contrapposte dei soggetti coinvolti. I fatti esposti ieri alla Questura, all’Ospedale Fatebenefratelli e alla dirigenza dell’Asl dagli originari accusati sono infatti di tutt’altro tenore rispetto a quelli raccontati dall’operatore sanitario interessato.
Tre persone incensurate, impegnate da decenni in solide attività di impresa e professionali, si precipitano angosciate al pronto soccorso portando il padre in evidente crisi cardiaca.
All’interno del Triage non ci sono pazienti o utenti in attesa di cure. Chiedono l’attenzione degli addetti e la messa a disposizione almeno di una sedia a rotelle per condurre il malato dalla macchina all’interno del pronto soccorso. L’operatore dietro il vetro non si cruccia minimamente dell’angoscia di chi sta vedendo il proprio familiare spegnersi sotto i propri occhi e continua a parlare e scherzare con un collega. Poi addirittura infastidito si rivolge ai malcapitati dicendo: “mònunn’è ora, jati a nata parte”. Alle insistenze di uno dei fratelli risponde: “appartengo ai Sparandeo e si nunn’a fenisci facc murì a paito int’u pronto soccorso”. La porta del Triage è solo accostata ed il fratello minacciato entra e dice all’operatore di ripetergli quelle cose faccia a faccia se ne ha il coraggio. L’operatore tenta di colpirlo al volto senza riuscirci e viene sospinto all’indietro battendo la testa da qualche parte procurandosi un piccolo taglio al cuoio capelluto. Gli altri due fratelli intervengono solo per allontanarli e così fanno anche due infermiere ed un medico dicendo: “lasciatelo stare, questo fa sempre così”. Le forze dell’ordine vengono chiamate dai tre fratelli che si sono viste negare le cure al padre e si sentono aggrediti. L’affermazione dell’operatore di essere legato al clan Sparandeo è stata ascoltata dall’altro ausiliario e viene da questi riferita al sovrintendente della questura di seguito intervenuto. Alla fine, nessuno si prende cura del malato ed i familiari sono costretti a portarlo al Pronto soccorso del San Pio, dove personale molto più gentile e disponibile lo prende immediatamente in carico sottoponendolo ad accertamenti e cure. Fin qui una storia di ordinaria follia. Quello che accade dopo è molto peggio. L’aggressione prosegue con tutta la violenza possibile sui mezzi di informazione costruendo la storia della vittima innocente del proprio lavoro brutalizzata senza ragione da tre loschi individui. Purtroppo le storie troppo semplici nascondono sempre cose più complicate. L’importante è non cadere nella trappola di attribuire in anticipo i ruoli di mostro e di vittima”.