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Un caso che fa ancora discutere. Risale allo scorso dicembre la richiesta di archiviazione adottata dalla Procura della Repubblica di Benevento nei confronti di un uomo accusato di violenza sessuale e maltrattamenti alla moglie.

Se ne parlò in tutta Italia. Giornali, social, radio e tv dedicarono ampio spazio alla vicenda. Ad attirare l’attenzione pubblica e a sollecitarne l’indignazione, in particolare, una considerazione espressa dal Pm Flavia Felaco nella scrittura del dispositivo: “… è comune negli uomini dover vincere quel minimo di resistenza che ogni donna, nel corso di una relazione stabile e duratura, nella stanchezza delle incombenze quotidiane, tende a esercitare quando un marito tenta un approccio sessuale”.

Una espressione a dir poco infelice. Roba da ottocento. Unanime il coro di critiche e disapprovazione. “La opposizione presentata dalla persona offesa è all’esame dell’ufficio, come sempre accade dopo la sua presentazione, che dovrà determinarsi all’esito in ordine al prosieguo del procedimento” – la precisazione del procuratore capo Aldo Policastro che poi aggiunse: “E’ assolutamente estraneo alla prassi e agli orientamenti di tutto l’ufficio ogni e qualsiasi sottovalutazione del seppur minimo approccio costrittivo nei rapporti interpersonali tra uomo e donna”.  

Come fermare il vento con le mani. La bufera non si attenuò e la protesta divenne la fisiologica conseguenza dello sdegno. A mobilitarsi, con un sit-in dinanzi al Tribunale del capoluogo sannita, il movimento ‘Exit Strategy’: “La violenza non si archivia” – la scritta sullo striscione srotolato in via De Caro.

Trascorso qualche giorno, dalla piazza (prima virtuale, poi fisica) si è passati al Parlamento. Negli ultimi giorni del 2021 la questione è stata sottoposta al Ministro della Giustizia attraverso una interpellanza. A presentarla, però, non è stato uno dei sei eletti sanniti ma un senatore di Frascati, Emanuele Dessì, ex grillino ora iscritto al gruppo misto di palazzo Madama per la componente ‘Partito Comunista’, partito che fa capo a Marco Rizzo.

Di seguito il testo della sua interpellanza:

Al Ministro della giustizia. – Premesso che:

il 19 dicembre 2021 è stata oggetto di notizie di stampa la richiesta di archiviazione adottata dalla Procura della Repubblica di Benevento in merito ad un procedimento per violenza sessuale e maltrattamenti nei confronti di una donna da parte del marito;

il giorno successivo, 20 dicembre, la stessa donna oggetto del provvedimento, concedeva un’intervista apparsa su un importante organo di stampa, “la Repubblica”;

considerato che appare grave a giudizio dell’interpellante la motivazione per l’archiviazione, con la quale si giustificherebbero le azioni contestate, statuendo che non ci sarebbe stato nessuno stupro e che l’uomo avrebbe adottato i suoi comportamenti solo per “vincere quel minimo di resistenza che ogni donna, nel corso di una relazione stabile e duratura, nella stanchezza delle incombenze quotidiane, tende a esercitare quando un marito tenta un approccio sessuale”;

considerato che le dichiarazioni di seguito virgolettate della moglie mettono di fronte ad uno spaccato familiare lontanissimo da quanto esposto dal decreto di archiviazione: “io non potevo dire di no alle sue richieste, si faceva aggressivo, decideva lui come e dove e mi costringeva”…”so quel che dico. Se parlo di violenza è perché la mia volontà non contava. Ero un oggetto nelle sue mani”…”Mi svegliava nel cuore della notte, levandomi gli indumenti intimi e mi costringeva ad avere rapporti, anche se con noi dormiva il piccolo. Dicevo NO e NO”;

ritenuto che detta vicenda sembra riportare indietro di almeno cinquant’anni, in contesti sociali lontanissimi dall’Italia del terzo millennio e, culturalmente, le parole usate nella parte motiva mandano un messaggio devastante che rischia di vanificare anni di battaglie contro la violenza sulle donne, per la libertà di scelta e per la parità di genere riportando con la memoria ai tempi del “delitto d’onore”,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo ritenga opportuno nel più breve tempo possibile fornire elementi conoscitivi in merito alla vicenda descritta e se eventualmente intenda porre in essere, nell’esercizio delle sue funzioni e nel pieno rispetto dell’autonomia della Magistratura, iniziative volte ad evitare in futuro il ripetersi di vicende simili”.