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Il pareggio con il Picerno al “Vigorito” ha fatto storcere la bocca a più di qualche appassionato. Nelle ore successive alla sfida casalinga contro i lucani, Marcello Carli e Matteo Andreoletti sono stati gli uomini più chiacchierati tra la Benevento calcistica. Non è bastato il gol di Kubica a placare le critiche verso una squadra che, nonostante tutto, è riuscita a inanellare sette risultati utili consecutivi, occupando la seconda posizione a pari merito con Latina e Foggia.
Un risultato insperato considerando come la Strega approcciava al campionato di serie C. Una situazione che molti, probabilmente, hanno già dimenticato. Il “patto” estivo sembrerebbe essersi sgretolato dopo appena otto turni di campionato. Una squadra (ri)costruita in fretta e furia, con tante situazioni spinose da risolvere e calciatori da recuperare: è storia di appena due mesi fa e di cui bisogna tenere conto.
Andreoletti ha delle responsabilità, sia chiaro, ma il peso delle attenuanti non si può certo ignorare di colpo. Si può discutere la prestazione, ma non bisogna fare di tutta un’erba un fascio. Il ritiro di Roma, ad esempio, è andato praticamente “bruciato” a causa delle situazioni legate al mercato e la difficoltà a cedere giocatori (molti partiti solo all’ultimo istante) non ha permesso al tecnico di lavorare con un gruppo definito e strutturato.
Questo ha inciso sulla condizione fisica di alcuni elementi e a peggiorare il quadro ci si è messa la cabala: Agazzi si è trascinato dietro un infortunio rimediato con la Ternana e lo stop di Meccariello, alla prima giornata, ha richiesto uno sforzo supplementare per colmare la lacuna in difesa. Senza dimenticare le bizze di Karic e Tello, il reintegro di Improta o la presenza in rosa di giocatori dall’indiscussa qualità (Ciano) ma probabilmente poco inclini all’idea tattica dell’allenatore.
In questi meandri si è dovuto districare un tecnico di “appena” 34 anni, alla sua prima esperienza al sud, in un girone che nasconde insidie particolari. Non si è mai tirato indietro Andreoletti, sobbarcandosi il carico delle responsabilità, consapevole dell’onore di poter allenare il Benevento ma anche delle difficoltà di ereditare una situazione non semplice, considerando quanto accaduto lo scorso campionato.
Di esperienza ne ha invece da vendere Marcello Carli e l’eco delle parole pronunciate in estate si è forse dissolto troppo in fretta. Il problema, all’apparenza, risiederebbe nelle aspettative che si rimpongono in questa squadra. Una formazione forte, con nomi di spicco, ma non ancora pronta per essere la protagonista assoluta del campionato. Chi vive da fuori il Benevento (tecnici, giocatori e addetti ai lavori) si basa esclusivamente sui nomi in organico per attribuire alla Strega il ruolo di grande favorita, ma la realtà è ben diversa.
Terranova ancora non ha ancora debuttato, Agazzi e Improta sono in evidente ritardo di condizione, Tello si preoccupa di applaudire il pubblico dimostrando di non essersi calato nella nuova dimensione, Ciano non è brillante e determinate, qualche infortunio di troppo continua a far uscire di scena giocatori: tutte situazioni che non si possono attribuire ad Andreoletti, il quale ha il dovere di provare a recuperare elementi che in serie C potrebbero far saltare il banco con le loro qualità.
L’unica pecca, semmai, è quella di aver ignorato troppe incognite e presentato formazioni imbottite di dubbi. Uomini fuori posizione e altri in palese debito di ossigeno sono regali che il Benevento non può permettersi di elargire contemporaneamente all’avversario di turno. Può andare bene una volta, poi si finisce col pagare dazio, anche se la Strega, fino ad ora, è sempre riuscita a metterci una pezza, dimostrando volontà di non accettare un risultato negativo e di crederci fino alla fine.
Sono queste le qualità da cui ripartire, in attesa di compiere il salto di qualità. Dall’atteggiamento e dalla mentalità che Carli e Andreoletti stanno ricostruendo passo dopo passo. Vanno riconosciuti i meriti, perché questo non è il momento di condannare nessuno, considerando soprattutto che il “nuovoBenevento è nato con un obbligo preciso: quello di provarci e non di dover vincere a tutti i costi.