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Benevento – Come l’assemblea d’istituto fissata a sorpresa nel giorno di un compito in classe, o l’improvviso sconto del 50% sul maglione in cima alla lista dei desideri. La vittoria di Torino ha capovolto la situazione in casa Benevento, ha ribaltato uno scenario da brividi con una gioia inattesa, resa ancor più bella dalle circostanze.

La paura di non farcela a gestire la pressione da bassa classifica e l’insicurezza derivante da un lungo periodo senza trionfi sono evaporate nell’istante in cui Abisso ha fischiato tre volte. Ed è quantomeno singolare la coincidenza che vede protagonista proprio il direttore di gara palermitano, arbitro anche di quel Benevento-Spal che segnò il debutto con vittoria (2-0) dei giallorossi in serie B dopo anni di infernali maledizioni. Era l’agosto 2016, nel tabellino entrarono Ciciretti e Puscas

Non dovrebbe andare così, ma un trionfo del genere fai fatica a scrollartelo di dosso. La domenica sera ti inebria, il lunedì ti stordisce, il martedì ce l’hai ancora in testa. E pure giunti al mercoledì, sarà per la pausa nazionali, non è una passeggiata scrutare l’orizzonte per vedere se c’è vita oltre lo Stadium. Eppure è lì che va rivolto lo sguardo. 

Il punto più alto della storia del Benevento è una pepita già incastonata nel mosaico del passato ma ha soprattutto un valore futuribile, guai a non notarlo. E’ una bussola in grado di dettare il cammino, la strada da seguire in un finale di stagione a cui guardare con ottimismo, ma senza appagamento. A tal proposito la sfida con il Parma, subito dopo gli impegni delle Nazionali, è il classico bivio davanti al quale solo chi viaggia con la testa alta e la mente sgombra può approcciarsi senza fronzoli. 

Sulle pagine più recenti del diario di bordo, Inzaghi può leggere ben due parole in grassetto: modulo e fiducia. Riguardo la prima, il 3-5-2 ha fornito equilibrio aumentando la densità in zona offensiva, con due riferimenti complementari e particolarmente affiatati quali Gaich e Lapadula. L’organico, specialmente guardando l’attuale lista dei disponibili, non sembra disegnato apposta per indossare quel vestito. Poche alternative in fascia, affollamento alla voce ‘fantasisti‘, non contemplata nell’assetto rigido messo in piedi a Torino. Tuttavia bisogna fare di necessità virtù, tirare dritto magari sfruttando l’idea di avere più opzioni per cambiare volto all’undici a gara in corso.

La seconda parola si commenta da sola. La fiducia è manna dal cielo al termine di un periodo in cui occorreva una svolta, un punto di (ri)partenza per ritrovare se stessi e costruire l’immagine di un nuovo Benevento. Più felice, più sereno, più ambizioso di quello dei precedenti cento giorni. Dopo aver trovato l’oro in Piemonte, ora tocca proseguire il viaggio. Perché sì, per quanto non sia facile andare oltre un pomeriggio e una gioia così inebrianti, è proprio così che stanno le cose: c’è vita oltre lo Stadium. La stagione non è finita sotto la Mole.