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La storia attuale del Benevento ha un inizio preciso. Il 17 aprile 2016 la formazione di Auteri faticava in casa contro il Catania. Una gara risolta a nove minuti dal novantesimo da Alessio Campagnacci, il viatico verso una storica promozione in serie B conquistata e festeggiata due settimane più tardi. Il rasoterra del ragazzo di Foligno è stampato nell’immaginario collettivo di un popolo che, quel giorno, si è visto ripagato di anni di delusioni. “Seguo ma vedo poche partite perché gioco. La classifica del Benevento non è piacevole, mi fa male da tifoso perché quella giallorossa è un’esperienza che porto sulla pelle” – racconta l’ex attaccante della Strega –  “Nel mio piccolo ho scritto la storia, sento ancora tanti amici e provo emozioni forti. Alla Reggina ho vissuto sette anni belli, ma a Benevento è stato fatto qualcosa che porto nel cuore”.

Tre anni e mezzo nel Sannio, salutando sei mesi dopo la promozione: “Da quando sono andato via non c’è stata occasione di tornare. Ho giocato due anni in C e poi ho deciso di avvicinarmi a casa. Ora milito in Eccellenza, problemi fisici mi hanno spinto a scendere di categoria. Posso giocare senza pressioni e con la mia esperienza posso divertirmi, vivendo gli ultimi anni di carriera con serenità”.

Voglia e passione sono rimaste le stesse, anche adesso che veste la maglia della C4, compagine dilettantistica umbra. “Ho fatto una scelta di vita, in Promozione ho sposato un progetto che mi riguardava e abbiamo vinto il campionato” – svela i sogni futuri Campagnacci – “Vorrei fare l’allenatore, percepisco cose differenti da altri. L’intenzione è prendere il patentino, vedremo a fine stagione se sarà possibile andare a Coverciano. Ho iniziato a fare un secondo lavoro part-time e ho scoperto un Alessio nuovo per la necessità di avere certezze. Durante la mia carriera appuntavo gli esercizi di ogni tecnico, quelli che pensavo potessero diventare miei”.

Tra gli appunti anche alcuni a tinte giallorosse: “Ho rubato qualcosa a Brini, Carboni e Landaida, ma sono rimasto impressionato dai movimenti che Auteri chiedeva a noi attaccanti. La mia sfortuna è stata di aver giocato poco con lui, quell’anno mi sono stirato quattro volte e mi sono operato all’ernia. Quei movimenti li ripeto ancora, non è un caso che quell’anno esplose Ciciretti”.

Un ruolo fondamentale nella vita calcistica di Campagnacci, però, lo ha avuto il Perugia. “Se devo fare una classifica, dico Perugia, Reggina e Benevento. Perugia mi ha dato tanto, mi ha fatto crescere e lanciato. Il mio primo gol l’ho segnato proprio al Benevento. Non so se il destino esiste, ma credo nelle coincidenze. Alla Reggina mi sono definito come calciatore, a Benevento sono diventato uomo. Battendo il Venezia, il Perugia ha dato una botta alla classifica e preso fiducia. Non è squadra da ultimo posto, ma questa B è molto difficile. Ci sono dieci, dodici squadre di blasone che puntano al vertice”.

Quella di Santo Stefano, insomma, sarà una sorta di partita del cuore. “Lunedì mi dividerò 60% Benevento e 40% Perugia. Gli umbri mi hanno lanciato, ma la società non mi ha dato l’opportunità di mettermi in mostra. Non c’era la regola degli under e fui costretto a girare tanto. Quando affrontammo il Perugia col Benevento rosicai tanto perché Brini non mi fece giocare. Ho tanti amici che tifano Grifo, ma Benevento a livello di emozioni mi ha dato qualcosa in più perché mi sono sentito protagonista”.

Oggi i protagonisti sono altri e indicare possibili match-winner è missione ardua. “Nel Perugia mi piace Strizzolo, l’ho affrontato, è un giocatore esperto arrivato tardi nel calcio che conta. Nel Benevento mi ha impressionato Forte. Poi ci sono un equilibratore come Improta e Tello, tanti giocatori hanno qualità importanti. Al Benevento serve un po’ di fortuna per svoltare, restituendo serenità ai tifosi e agli stessi calciatori”.