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Non è una vittoria ma il pari di Reggio Calabria regala a Fabio Cannavaro tante ragioni per sorridere. Il Pallone d’oro aveva sottolineato alla vigilia come l’emergenza non fosse ancora terminata, ma è proprio dai calciatori rientranti che ha ricevuto la linfa vitale per riacciuffare una gara altrimenti compromessa. Avere a disposizione ricambi preziosi in varie zone del campo gli ha consentito di cambiare modulo e frenare così la corsa dell’amico Pippo Inzaghi, già pronto a gustarsi il piacere di una vittoria da ex. Una reazione di grande carattere, quella della Strega, che per la seconda volta consecutiva dopo Ferrara ha reagito a una situazione di svantaggio rialzando la testa e comandando la partita.

Un tratto caratteristico ormai, un sintomo preciso che Cannavaro è riuscito a prendere in mano il gruppo indottrinandolo secondo le sue idee. Il possesso palla sterile che nella prima frazione aveva toccato il 63% (al novantesimo si sarebbe assestato sul 60%) con il passaggio al 4-4-2 ha lasciato spazio a una serie di triangolazioni e verticalizzazioni efficaci. Il resto lo ha fatto la freschezza dei subentrati. Bene El Kaouakibi da terzino destro, ancora meglio Viviani e Acampora, abili a rifinire il primo (al rientro dopo 91 giorni di assenza) e a finalizzare il secondo (assente da 51). L’obiezione riguarda gli ultimi venti metri, dove manca ancora visibilmente qualcosa. Le punte – un tiro in porta complessivo – fanno una fatica tremenda a riempire l’area e a ritagliarsi occasioni propizie, e soprattutto Forte non sembra nel suo miglior momento.

Il Var ci avrà anche messo del suo, considerate le turbolenze che hanno fatto seguito alla posizione di Capellini nell’azione del 2-2, ma con un secondo tempo del genere, di quantità e qualità, sarebbe stato oggettivamente un delitto tornare a casa senza alcun punto. Con ben quattro volti nuovi – includiamo nella lista anche Kubica, entrato nel finale –  Cannavaro ha sperimentato per la prima volta cosa voglia dire avere le giuste alternative per muovere nuove mosse sullo scacchiere. E ha potuto farlo anche grazie allo straordinario spirito di sacrificio di Improta e Farias, esterni alti dall’intervallo in avanti, protagonisti assoluti della transizione dal 3-5-2 al 4-4-2. C’è tanto da migliorare, Paleari risulta ancora determinante, ma il Benevento sta crescendo in termini di intensità e ha l’aria di essere finalmente una squadra che sa ciò che vuole. Il traguardo, all’apparenza banale, un mese fa sembrava tutt’altro che scontato.

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