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Benevento –  Lo scorso fine settimana, in tutta Italia e dunque anche in città come Benevento, sono state diverse le manifestazioni, gli eventi e gli appuntamenti dedicati alle donne per ribadire e riaffermare le pari opportunità, la lotta alla violenza e alle discriminazioni di genere ma anche il diritto ad un aborto sicuro e all’uguaglianza sostanziale, sancita anche dalla nostra Costituzione.

Durante la giornata di ieri, presso la sede del PD beneventano, anche un’iniziativa promossa dalla Commissione Regionale Pari Opportunità, rappresentata da Vittoria Principe e coadiuvata dalle consigliere comunali, in quota PD, Floriana Fioretti e Marialetizia Varricchio.  

Molti buoni propositi, denunce e promesse di intervento e di impegno per un miglioramento per tutti gli ambiti dell’universo femminile. Tutto ciò, però, solo in teoria. Perché praticamente la situazione appare più complicata di quanto possa già essere. Nello specifico parliamo dei centri antiviolenza in Campania e in provincia di Benevento a cui non è stato rinnovato il finanziamento dopo appena un anno dall’intesa siglata tra Regione, ASL e comuni.  

Queste strutture, destinate al supporto, all’ascolto e all’orientamento alle scelte delle donne, in un’ottica di sicurezza, svolgono un ruolo importante per quanto riguarda l’accoglienza e l’accompagnamento individualizzato in tutto il percorso di uscita dalla violenza da parte di esperte e di operatrici, in collaborazione con i Servizi sociali territoriali.

I centri proteggono la donna e i suoi figli nelle situazioni di emergenza o pericolo; svolgono un ruolo di orientamento e consulenza legale offerti da avvocate specializzate, per avere informazioni sui propri diritti e valutare eventuali azioni legali, tutto gratuitamente. E ancora, offrono supporto psicologico per affrontare la paura, l’assoggettamento al partner, per riappropriarsi della propria vita.

Dei 5 centri ubicati a Benevento, Morcone, Montesarchio, Cerreto Sannita e San Giorgio del Sannio, solo quest’ultimo continua ad avere i fondi necessari per proseguire l’attività ma solo perché giunti più tardi rispetto agli altri. Come ci racconta una psicologa esperta nel campo e impegnata a guidare ed accompagnare le vittime presso queste strutture: “i centri vanno avanti grazie al volontariato”.

“I finanziamenti che venivano elargiti mese per mese sono scomparsi dopo appena un anno. Manca una progettualità concreta e seria. Il percorso delle donne è individuale, non ha una durata fissa ma variabile; ogni donna ha i suoi tempi per superare ed eventualmente denunciare. Non tutte decidono di affidarsi a un legale, oppure di allontanarsi da casa. Ognuna ha una sua specificità e senza progettualità questi centri perdono lo loro funzione di guida e supporto nel tempo. La Regione – conclude la psicologa- ha annunciato di voler rifinanziare il progetto ma il tempo passa e ancora nulla si è visto”.

In una Provincia come quella beneventana dove anche sul piano lavorativo le donne incontrano tantissime difficoltà e a livello istituzionale non si riesce a far approvare il regolamento che istituisca la Consulta delle donne, appare ancor più complicato ottenere le famose pari opportunità.

Un’amministrazione comunale che, inoltre, ha affidato le deleghe per questo ambito solo a febbraio 2017, ben 8 mesi dopo l’insediamento della Giunta. Delega attualmente tra le mani della consigliera Patrizia Callaro che, al momento del suo insediamento, dichiarò: “Partirò dai due principali capisaldi che caratterizzano questa delega in ambito comunale: l’art. 6 bis del nostro Statuto comunale, che prevede l’istituzione di una specifica Commissione sulle pari opportunità; la delibera del precedente Consiglio comunale, n. 38 del 27 settembre 2012, che ha previsto l’istituzione della Consulta delle donne. Un organismo consultivo e propositivo, finalizzato ad aprire un dialogo diretto con le donne della città. In tal senso, oltre a chiedere la collaborazione di tutte le donne presenti in Consiglio ed in Giunta comunale, che sono certa non faranno mancare, mi auguro anche di avvalermi dei preziosi suggerimenti e dei contributi che perverranno dalle singole cittadine, dalle professionalità impegnate sul campo, nonché dalle loro rappresentanti attive nel mondo associativo-produttivo- sindacale”. 

Sulla Consulta, però, ancora nulla e i centri antiviolenza restano senza soldi. Una sorta di via d’uscita si è cercata di percorrerla attraverso l’adesione al Bando pubblico della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento Pari Opportunità, per presentare progetti volti alla prevenzione e contrasto alla violenza di genere, scaduti il 30 settembre.

In particolare il Comune ha ritenuto di partecipare secondo alcune linee di intervento tra cui: migliorare le modalità di inserimento lavorativo delle donne vittime di violenza; il trattamento degli uomini maltrattanti;  e l’animazione, la comunicazione e la sensibilizzazione territoriale rivolti alla prevenzione della violenza di genere.

Verificheremo nei prossimi giorni cosa si è riuscito a tirare fuori da questo bando. Nel frattempo la strada per le pari opportunità resta sempre fitta di barriere culturali e a quanto pare, anche e soprattutto economiche.