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Un silenzio che ha fatto rumore e che si è protratto per un tempo intero. La protesta della Curva Sud ha lasciato la parte centrale vuota e soprattutto nel silenzio in una sfida in cui c’era bisogno del sostegno sin dalle prime battute.

Questo momento della stagione dovrebbe essere quello nel quale mettere da parte le questioni di principio e sostenere una squadra che si è lanciata alle spalle della Juve Stabia con l’obiettivo, neanche tanto recondito, di provare la rimonta.

Un tempo a settore vuoto, un altro con lo spazio occupato. Un atteggiamento controproducente per buona parte dello stadio, e non c’è dubbio che possa esserci un fondo di verità nella considerazione, perchè la differenza si è sentita specie dopo il gol di Lanini. Onestamente una presa di posizione da non censurare, non ce la sentiamo. Non fosse altro perchè, quando è accaduto il fatto, non c’erano gli strumenti e le conoscenze per farlo. Una decisione di cui non si conosceva il motivo. E questo sicuramente ha contribuito a creare frizione con la restante parte dello stadio che ha fatto in autonomia provando a creare un po’ di atmosfera, almeno nel primo tempo.

E’ vero che entrare nel mondo dei tifosi significa entrare in un contesto di soggettività, tutti hanno la propria verità e il proprio modo di vivere il calcio e lo stadio. Bisogna, però, una volta e per tutte, capire che un ultras non è un semplice tifoso, si tratta di due figure mosse da motivazioni diverse che percorrono la stessa strada con lo stesso fine. Esiste un codice, un ideale, leggi non scritte che regolano un mondo che non si può comprendere se non viene vissuto ma che tutti, però, credono di poter giudicare. Lo stadio è un luogo fatto di tifosi e di ultras. Un corpo che trascina e viene trascinato, che segue e incita, che prende anche iniziative forti che vanno al di là del momento e di ciò che la maggioranza vorrebbe. Se la parte ultras protesta, ci sono gli altri settori che possono prendere in mano la situazione, come fatto d’altronde ieri, rompendo quel silenzio surreale ed è stata una cosa bellissima e soprattutto intelligente, un segno di grande vicinanza. Ecco che significa parlare di due corpi che viaggiano lungo la stessa direzione. E non c’è bisogno di appoggiare la protesta della Curva Sud, i motivi non erano noti, ma sembrava chiaro che qualcosa fosse accaduto prima della partita vista il mancato preannuncio della protesta come in altre circostanze.  

La differenza sostanziale, quella che spiega il peso dei due corpi, sta tutta in quel “senza gli ultras non c’è partita” cantato non appena è stato riempito il centro della curva. Un coro che  fa capire bene la posizione e il credo, tanto da aver raccolto anche gli applausi dei 14 foggiani nel settore ospiti. Il tifoso gioisce per la vittoria, si fa trascinare, esulta. L’ultras canta, protesta, prova a coinvolgere condotto da persone che danno le spalle al campo. Basti pensare questo per capire quanto può interessare ciò che accade sul terreno di gioco. Una serie di azioni che rientrano in quel gran concetto di ‘mentalità e ideali’, tanto difeso dagli ultras

Un divieto imposto agli ultras, come, ad esempio l’impossibilità di introdurre striscioni, vanno a toccare proprio quel codice che i tifosi ritengono sacro, il confronto vocale sugli spalti che va al di là del risultato maturato sul campo. Si può accettare oppure no, ma non si può giudicare. Le trasferte vietate, le pay tv, le diffide, sono argomenti che mettono d’accordo tutte le tifoserie, senza badare al campanile. Ed è bene sottolinearlo, non deve essere compreso, nè accettato per forza di cose, va semplicemente rispettato. Rientra nell’ideale e nella mentalità dell’ultras, in quella frase ascoltata miliardi di volte che parla di “oltre le categorie”, “solo per la maglia” e cose simili. Insomma principi e ideali.

Non vuole essere una difesa o un’accusa, ma semplicemente una richiesta di equilibrio tra posizioni differenti, ognuno un passo verso l’altro. Sarebbe il modo più intelligente per sanare quella piccola crepa che non si vede ma si sente, che non aiuta di certo chi sta in campo, nè tantomeno serve in un momento critico della stagione in cui ci si sta giocando qualcosa di importante. Dopo due anni da ‘pianto greco’. Non badare alla protesta degli ultras ma prendere in mano la situazione come accaduto ieri e dare sostegno, seguire quando la protesta è finita e creare quell’atmosfera da girone dantesco che onestamente non c’è. Questo potrebbe essere l’equilibrio giusto. Il tutto col solo fine di far sentire appoggio alla squadra avendo dato ognuno il proprio contributo nel rispetto dei singoli ideali, quelli dei tifosi e quelli degli ultras. Il tutto per arrivare all’unica medicina possibile: la vittoria del Benevento.

Gli ultras sbagliano e i tifosi no, oppure viceversa? E’ proprio in questo l’errore: andare a trovare un colpevole lì dove nessuno sbaglia e tutti hanno ragione, nessuno ha la verità ma tutti pensano di poter giudicare, da una parte come dall’altra, dimenticando che tutti fanno parte di una componente irrinunciabile nel mondo del pallone a difesa dei propri ideali e della propria passione.