I play off di serie C sono alle porte per Mimmo De Simone. Domani sera il suo Gubbio ospiterà la Recanatese nel primo turno a eliminazione diretta. Il percorso, lunghissimo, assegnerà un posto in quella serie B che il Benevento sta per salutare. Centouno presenze tra il 1996 e il 2001 con la maglia giallorossa, l’ex centrocampista ora è il vice di Piero Braglia sulla panchina degli umbri. “I tanti impegni con la squadra non mi hanno impedito di seguire il campionato di serie B – dice -. Faccio fatica a capire cosa sia successo al Benevento”. E’ in ottima compagnia.
I giallorossi sono con entrambi i piedi in serie C, in pratica manca solo l’ufficialità.
“Penso che nessun addetto ai lavori potesse pronosticare qualcosa del genere a inizio stagione. E’ stata un’annata indecifrabile, io personalmente avrei messo il Benevento tra le papabili promosse. Vederlo lì, in fondo alla classifica, è qualcosa di sconvolgente”.
Colpa dei giocatori o delle scelte societarie?
“Ho ascoltato le parole del presidente Vigorito, la sua assunzione di responsabilità è stata encomiabile e testimonia ancora una volta quanto ci tenga alla piazza e alla squadra. Una serie di cose non hanno funzionato, ma l’ultimo posto fa capire che le responsabilità vanno divise equamente. Certe annate sono così, ci sono stati troppi episodi negativi per dirottare tutte le colpe verso un’unica direzione”.
La partita di sabato contro un’altra tua ex, il Modena, potrebbe decretare la retrocessione aritmetica.
“Ne sono rammaricato, poi Benevento è praticamente casa mia. Vi faccio ritorno per almeno una settimana all’anno, essendo la città di mia moglie. A Modena ho allenato quattro anni nel settore giovanile e poi ho svolto il ruolo di collaboratore tecnico in prima squadra, le esperienze sono incomparabili ”.
Merito anche di quel play off vinto nel 1999?
“Ogni volta che torno nel Sannio e parlo con i tifosi meno giovani c’è una frase che emerge sulle altre: “Mimmo, un gruppo così non lo abbiamo più rivisto”. Giocavamo in serie C2, ma la categoria in certi casi conta relativamente. La verità è che eravamo tutti amici, il giovedì andavamo insieme a mangiare lo Scarpariello e la gente condivideva del tempo con noi. Ci sentivamo parte della comunità.
Il calcio di una volta, quello che manca ai tifosi.
“Ora è tutto diverso, noto che i social in particolar modo hanno cambiato tutto. Quello che posso dire è che quando scendevamo in campo tutta quell’energia la sentivamo. Giocavamo pensando ai momenti vissuti con la gente in settimana, ai dialoghi coi tifosi, al loro senso di appartenenza. Che era diventato per osmosi anche il nostro. Abbiamo un gruppo Whatsapp sempre attivo. Lo creò mia sorella in occasione dei miei 40 anni, mi fece una bella sorpresa”.
Hai mai pensato di poter ritornare in un’altra veste, magari al seguito di Braglia?
“Ora la mente è rivolta soltanto al Gubbio e ai play off che ci attendono. In futuro chissà, posso solo dire che una piazza come Benevento è ambitissima dagli addetti ai lavori in serie B come in serie C. La società è tra le più serie in circolazione. Sul piano personale potrebbe solo farmi piacere. Non posso dimenticare che Benevento mi ha svezzato come calciatore, mi ha fatto crescere anche attraverso le contestazioni. E poi c’è una frase che non dimenticherò mai”
Quale?
“La pronunciò Gerardo Bagnoli, storico segretario del club. A meno di 25 anni indossai la fascia, lui parlando di me disse: “De Simone qui non è il capitano, o il giovane di talento. Per noi De Simone è un figlio”. Sono cose che ti segnano, ti restano dentro”.
Se C dovesse essere, come ormai sembra, con cosa dovrà fare i conti il Benevento?
“Lo scorso anno ero ad Avellino e devo dire che c’è una differenza evidente quanto innegabile tra il girone C e gli altri. Nel raggruppamento meridionale subentra il fattore ambientale, ci si confronta con piazze calde e dunque con spalti sempre pieni. Questo solitamente coincide con un agonismo più marcato. Occorrerà la giusta dose di esperienza per gestire ogni situazione”.