- Pubblicità -
Tempo di lettura: 3 minuti

L’esito della riunione convocata questa mattina dalla Prefettura di Benevento per discutere dell’emergenza idrica nel Sannio sta tutto nella delusione e nella rabbia dei sindaci – presenti solo quelli dei Comuni più in difficoltà – che al ritorno da Palazzo del Governo non potranno fornire alcuna delle rassicurazioni attese dalle popolazioni che già da tempo sopportano – inermi – la mancanza d’acqua.

“D’altronde – sottolinea nelle conclusioni Olimpia Cerrata, vicecapo di gabinetto alla Prefettura e coordinatrice del tavolo – non poteva certo essere questo un vertice risolutivo”.

Resta, dunque, una crisi – e almeno su questo sono tutti d’accordo – “senza precedenti”. E senza vie di uscite, per il momento.

Il solo barlume di speranza è dato dalle soluzioni tampone concertate nel confronto preliminare tra la Prefettura e le rappresentanze degli enti gestori del servizio idrico.

Procediamo con ordine. Sul fronte Gesesa l’allarme è per una crisi che al momento non c’è ma che a Benevento potrebbe concretizzarsi ad autunno quando le riserve idriche, come fisiologico, diminuiranno. A preoccupare, in particolare, è la situazione dell’acquedotto del Biferno, chiamato a integrare le risorse garantite dai due pozzi di proprietà del Comune capoluogo e autosufficienti a soddisfare il 60% del bisogno dei beneventani. Beneventani che, almeno sulla carta, possono guardare con ottimismo al futuro immediato, considerato che dai dirigenti della Regione Campania è giunto il via libera – qualora venisse meno l’approvvigionamento dal Biferno– all’utilizzazione delle acque provenienti dai pozzi di San Salvatore Telesino.

Decisamente più complicata è la situazione nei comuni serviti dall’Alto Calore Servizi. E’ questo il versante sannita che soffre maggiormente l’emergenza acqua, come testimoniato dalle proteste dei sindaci presenti, giustamente sconcertati per l’assenza al tavolo del presidente dell’Acs Lello De Stefano. Quello all’Alto Calore è una sorta di processo, con i rappresentanti dell’azienda chiamati a subire pure i legittimi rimbrotti di Regione e Prefettura per l’incapacità di fornire una adeguata e corretta informazione agli amministratori e dunque agli utenti. L’anno della svolta potrebbe essere il 2018, quando dovrebbe entrare in funzione la terza pompa di sollevamento dell’impianto di Cassano, opera il cui finanziamento è stato anticipato di un anno dalla Regione proprio nelle scorse settimane.

Per l’immediato, invece, a mitigare l’emergenza arriveranno la prossima settimana i 120 litri al secondo garantiti dall’attivazione dei pozzi di Montoro. Non dovesse bastare neanche questo, ai cittadini – specie quelli dei comuni del Medio Calore – non resterà che alzare gli occhi al cielo e implorare l’arrivo della pioggia. L’assenza di precipitazioni, infatti, ha determinato una diminuzione del 30% delle risorse a disposizione, un dato che si aggiunge ai numeri drammatici delle perdite d’acqua registrate sulla rete, pari a circa il 50% di quanto erogato. A San Giorgio del Sannio, tra i centri più in difficoltà in assoluto, in questi giorni,si è giunti al limite storico di soli 17 litri di acqua al secondo.

Da monitorare, infine, anche la situazione dei sedici centri sanniti serviti dalla Molise Acqua, visto che le assicurazioni fornite dal rappresentante della società che ha sede a Campobasso non convincono né i sindaci interessati né i dirigenti di palazzo Santa Lucia.

La crisi resta, dunque, almeno per quella parte del Sannio dove i rubinetti sono a secco già da un po’. La speranza è che le soluzioni approntate oggi possano limitarne gli effetti. Il timore è che a settembre, quando le riserve subiranno una nuova diminuzione, la situazione possa precipitare ulteriormente.