- Pubblicità -
Tempo di lettura: 5 minuti

Benevento – Riceviamo e pubblichiamo la nota stampa dello studio legale De Longis, a firma dell’avvocato Andrea De Longis, per affrontare un altro tema importante, quello della giustizia al tempo del coronavirus. Una macchina che si è fermata e che, a quanto pare, tarderà a riprendere la marcia.

Dalla quotidiana lettura dei giornali, si comprende come la funzione della Giustizia non sia argomento di interesse.

Si assiste ad uno sforzo dei singoli, ma non dello Stato, ad adattarsi ad un periodo di convivenza con il rischio del contagio; analogo sforzo non si percepisce per far ripartire, dopo un lungo periodo di arresto, la funzione della Giurisdizione, che pure – per come dovrebbe essere chiaro a tutti – è preminente per la vita stessa di una società.

Nel nostro Tribunale, per quello che ho compreso, sarà possibile celebrare le udienze camerali, non già le dibattimentali, perché solo così si garantirebbe la sicurezza dal contagio.

Pertanto 20 lavoratori potranno prendere tutti insieme l’autobus per andare a lavoro, i cassieri e le cassiere dei supermercati possono avere contatti giornalieri con centinaia di clienti, nelle fabbriche si potrà lavorare ai ritmi usuali, gli uffici postali sono sempre rimasti aperti, così come le banche, ma la Giustizia rimane ferma perché… già perché?

E’ questa la domanda che non trova risposte coerenti con il dovere di esercitare la funzione giurisdizionale al servizio dei singoli e della collettività.

Nelle nostre aule possono rimanere, certamente e a “distanziamento sociale”, un numero sufficiente di soggetti (giudici, pm, avvocati e parti) tali da consentire la celebrazione di moltissimi, se non di tutti, processi a ruolo.

Certo si dovranno individuare orari prefissati, per evitare assembramenti, (ma questo gli avvocati lo chiedono da sempre, e da sempre rimangono inascoltati), si dovranno prevedere udienze di pomeriggio (evenienza che rientra nella normalità), magari di sabato, magari ad agosto.

Di certo la non ripresa della piena attività giurisdizionale non trova concreti e insormontabili ostacoli, specie laddove si consideri che i giudici, e con essi tutto il personale amministrativo, hanno il dovere di rispondere alla domanda di giustizia, in senso proprio e in senso lato, che le parti processuali, siano esse imputati o parti lese, attori o convenuti, rivolgono loro.

Non voglio diventare io stesso “scienziato”, cioè conoscitore e risolutore di pandemie, purtuttavia gli “esperti” ci dicono che il distanziamento sociale di un metro (in vero la locuzione è errata perché al più si dovrebbe parlare di distanziamento fisico, ma non si pretende l’uso corretto della lingua italiana in periodi di emergenza), l’uso di guanti e mascherina siano presidi sufficienti a preservare dal contagio.

Appare, quindi, incomprensibile come i lavoratori dei servizi essenziali siano stati sempre e comunque in attività nel corso della emergenza, ma non i Tribunali determinandosi così, di fatto, l’annullamento della funzione giurisdizionale.

E non si mentovi che garantire il giudizio per i detenuti, o i riesami sulle cautele reali abbia esaudito i bisogni di giustizia essenziale.

Ogni cittadino ha il diritto di ricevere giustizia in tempi brevi, ogni imputato o persona offesa ha il diritto di ottenere dal giudice la decisione, ogni controversia civile deve essere risolta, questi sono diritti che corrispondono specularmente al dovere che cade sull’amministrazione della giustizia, che non può trovare ostacoli di nessun genere.

Già sento la contestazione a queste semplici e lapalissiane osservazioni. Il governo non offre gli strumenti necessari, non garantisce la sicurezza.

Da parte delle Istituzioni e delle associazioni che ci rappresentano: meglio lavorare poco che non lavorare affatto.

Risultato: le udienze camerali che, in ultima analisi avrebbero potuto svolgersi con il deposito di memorie scritte o da remoto, si celebreranno in aula con la partecipazione fisica del magistrato e della parti, le udienze dibattimentali non si terranno, in alcun modo. Più di questo non si può.

La colpa, quindi, è sempre degli altri. Ed invece no, la colpa non è sempre degli altri.

Ricordo che quando il governo individuava la data del 13 aprile come limite alla sospensione delle attività (e di qualche garanzia costituzionale dimenticata qua e là) l’Associazione Nazionale Magistrati “chiedeva” ed otteneva la interruzione dell’attività giurisdizionale sino alla data dell’11 maggio, con la possibilità di non celebrare processi fino al 30 giugno, ora 30 luglio.

Capacità divinatorie? O frutto della convinzione di essere un po’ più uguali rispetto agli “altri”?

Giova ribadire un concetto che, forse, non è stato sufficientemente esplicitato o compreso. L’esercizio della funzione giurisdizionale non è un diritto dello Stato, è un preciso e inalienabile dovere che si esplicita attraverso la Magistratura, potere dello Stato stesso.

Pertanto In questi tempi, anche in questi tempi, non si può e non si deve discutere sul se, ma solo, eventualmente sul quo modo.

Tutto il resto si risolve, semplicemente, nel sottrarsi alla propria funzione negando ai singoli cittadini di usufruire di un bene essenziale.

Breve nota a margine. Qualche giorno addietro l’Unione Camere Penali ha elaborato schemi di eccezioni procedurali da sottoporre al Giudice in caso di celebrazione dei processi da remoto.

Ho riferito ai miei valenti collaboratori l’inutilità di approfondire l’argomento, tanto i processi, anche dopo l’11 maggio, non si sarebbero comunque tenuti. Le decisioni degli Uffici Giudiziari sono sotto l’occhio di tutti. Anch’io posseggo arti divinatorie”.