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San Lorenzello (Bn) – Ci sono momenti nei quali scrivere è più complicato. Momenti nei quali l’equilibrio e la moderazione che si richiedono a chi è chiamato a svolgere la nostra delicata professione, rischiano – semplicemente – di “andare a farsi benedire”.

Questo è uno di quei momenti. Da ore, ormai, i social sono intasati di immagini e video che ritraggono il Monte Erbano avvolto dalle fiamme. 

Per noi abitanti della Valle del Titerno il rapporto con la montagna ha un che di filiale.

Le nostre sentinelle, i nostri baluardi, una cintura di roccia che la natura ha voluto regalarci quasi a voler preservare e difendere la nostra secolare identità. Nella nostra lingua, così dura e arcigna, Monte Erbano diventa “Muntr’uan”. Un lemma quasi impronunciabile per chi non abbia qui le proprie radici. Perché Monte Erbano è la “nostra” montagna e tocca a noi nominarla nel modo che si conviene.

Ma oggi Monte Erbano brucia. Brucia come qualche giorno fa bruciava il Monte Cigno. E oggi, noi abitanti della Valle del Titerno, ci sentiamo colpiti al cuore. Ancora una volta.

Ci riscopriamo nuovamente fragili e impotenti. Un’impotenza che cresce con il crescere della rabbia. Il rumore dei mezzi aerei che tentano disperatamente di salvare il salvabile ci consegna un brivido lungo la schiena. 

Monte Erbano brucia. Così come qualche giorno fa bruciava il Monte Cigno. La nostra cintura di roccia, dall’aspetto tanto maestoso e imponente, cede e si inginocchia sotto il peso della barbarie umana. 

Ma in questo triste, tristissimo scenario, c’è almeno un elemento che ci rincuora. Gli uomini passano, e con essi le loro follie e le loro brutalità. Le nostre montagne invece resteranno lì, dopo di noi. Sopravviveranno, rinverdite, alle nostre miserie. E continueranno, nonostante tutto, a cingere la nostra terra e farci da sentinelle.