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E’ ufficialmente esploso lo scandalo delle sorveglianze illegali con epicentro proprio la città di Benevento. Come riporta, tra gli altri Il Fatto Quotidiano, le protagoniste della vicenda sono due società, una romana, l’altra calabrese, entrambe sequestrate. La prima, Stm Srl, è l’azienda che aveva vinto l’appalto presso la Procura di Benevento. Aveva fornito i pc e le utenze con cui il personale di polizia giudiziaria lavorava: per eseguire l’intercettazione, l’agente doveva inserire nel sistema fornito da Stm la password, l’IMEI (il codice unico che identifica ogni cellulare) e il numero di procedimento penale. Stm aveva acquistato la piattaforma informatica, Exodus, da un’altra ditta, eSurv Srl, azienda unipersonale con sede a Catanzaro.

L’anomalia sta nel fatto che i dati (uno sterminato archivio digitale con i dati sensibili di innumerevoli cittadini italiani che è ancora presente su un server di Amazon con il rischio di finire in pubblico) dovevano essere accessibili solo attraverso i computer delle Procura della Repubblica tramite un canale dedicato. Invece gli inquirenti hanno accertato che era possibile arrivare ai dati collegandosi direttamente alla piattaforma Exodus. Questo perché il software aveva un indirizzo IP pubblico sempre accessibile da un qualunque computer in qualunque parte del mondo a chiunque fosse semplicemente in possesso di una connessione al web e delle password. 

L’aspetto più inquietante: sul cloud di Amazon gli inquirenti hanno trovato codici IMEI di diversi uffici di giustizia (oltre a quello di Benevento, la Direzione centrale dei servizi antidroga, altre Procure, partner privati) e dati relativi a intercettazioni effettuate da altre Procure nell’ambito di altri procedimenti giudiziari.