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Benevento – E’ stato il capitano della doppia promozione del Benevento dalla serie C alla serie A, quanto basterebbe a a consacrare un atleta a leggenda in una città che mai prima della doppia apoteosi calcistica aveva vissuto momenti di tale intensità. Invece Fabio Lucioni, dopo le vicende che lo hanno contraddistinto nell’ultimo anno, ha lasciato il Sannio come un calciatore qualunque. Cosa ci sia stato dietro al suo addio, probabilmente, non lo sapremo mai del tutto. Quel che è certo è che qualcosa ancora stona nell’ascoltare le due ‘campane’. Il presidente Oreste Vigorito ha ribadito nelle scorse ore alla sua emittente che ‘lo zio’ la scorsa estate ha chiesto di lasciare la città delle Streghe per accettare la proposta del Lecce, attribuendo dunque per larghissima parte al giocatore la responsabilità di un addio tanto sofferto quanto inatteso e rimarcando al tempo stesso che a Lucioni sia stato pagato regolarmente lo stipendio nel periodo della squalifica (fu trovato positivo al Clostebol all’indomani della gara interna contro il Torino). 

Da Lecce proprio Lucioni ha risposto in maniera sibillina citando la scrittrice Oriana Fallaci. L’ex capitano è stato infatti protagonista della conferenza stampa infrasettimanale del club salentino nel corso della quale ha affrontato vari temi, dalle ambizioni della sua attuale squadra a un punto sul campionato giunto alla sua undicesima giornata. Tra una cosa e l’altra, poi, è stato il turno proprio di un ‘ritorno’ sull’addio al Benevento: “Voglio rispondere al presidente con delle parole di oriana Fallaci. Ogni cosa ha tre punti di vista: il mio, il suo e la verità. Sia io che il presidente conosciamo la verità, se lui ha ritenuto opportuno raccontare quella versione, contento per lui. Io ho sempre rispettato Benevento e la rispetterò sempre perché tuttora sono residente lì e in quella città ho ritenuto risultati importanti. Ora però la mia testa è rivolta esclusivamente al Lecce, queste sono cose che appartengono al passato”. E’ questo per ora l’ultimo atto di un addio che la tifoseria non ha mai digerito.