- Pubblicità -
Tempo di lettura: 4 minuti

Benevento Conclusa da pochi minuti una nuova udienza del processo “Mani sulla Città”. Quest’oggi è toccato ad una parte degli avvocati difensori pronunciare le arringhe, con le conseguenti richieste di assoluzione, in favore dei vari imputati nel processo che coinvolge a vario titolo più di 40 persone. Il 28 febbraio, il Pm Assunta Tillo, chiese la condanna per 16 di queste, 17 le intervenute prescrizioni, 19 invece le richieste di assoluzione molte delle quali, naturalmente, sono state appoggiate dai legali presenti stamane in aula. Per i restanti imputati, i difensori pronunceranno le loro arringhe martedì 2 aprile in attesa della sentenza prevista per il 17 aprile e non più il 18. (LEGGI QUI LE RICHIESTE DEL PM)

In riferimento alle conferme di assoluzione sono intervenuti i legali di Cipriano Di Puorto, Maurizio Lando e Angelo Diana. Per l’intervenuta prescrizione, invece, il legale di Angelo Pallotta.

I legali degli imputati di cui il PM ha chiesto una condanna hanno formulato richieste di assoluzione perché i fatti contestati non sussistono o non sono stati commessi. Tra questi i legali di Mario Ferraro (Fabio Ferraro e Claudio Sgambato) , coinvolto, secondo la difesa: “solo perché formalmente presidente della Cooperativa San Valentino e il cui coinvolgimento non è confortato da nessuna prova di corruzione o concussione elettorale”.

Sulla vicenda della presunta concussione e corruzione elettorale ha relazionato anche l’avvocato Sergio Rando, legale dell’ex Sindaco di Benevento Fausto Pepe, chiedendone l’assoluzione così come per il dirigente comunale Roberto La Peccerella:

Questo è un processo basato su semplici sospetti, senza prove e con capi d’imputazione abborracciati che non trovano corrispondenza con le accuse. Pepe non c’entra nulla – ha proseguito l’avvocato Rando con l’affidamento iniziale del servizio alla Cooperativa San Valentino e nemmeno con le successive proroghe verbali. Voleva regolarizzare la condizione contrattuale della cooperativa. Inoltre gli inquirenti hanno ipotizzato collegamenti con le elezioni del 2011 per suffragare la tesi della corruzione e della concussione elettorale ma Pepe non è mai parte attiva in una vicenda che riguarda solo Aldo Damiano. Non c’era nessuno scopo di profitto elettorale con la cooperativa San Valentino. Chiediamo l’assoluzione per non aver aver commesso il fatto. Pepe è assolutamente estraneo ai rapporti tra Nardone e Damiano”.

Sulle vicende relative alle presunte tangenti da pagare per ottenere gli appalti, l’avvocato Roberto Prozzo, legale di Pietro Ciardiello, di Mario Siciliano e Luigi Tedesco, ha chiesto anche in questo caso l’assoluzione perché le condotte non costituiscono reato o in subordine l’intervenuta prescrizione.

“Il PM ha parlato di un sistema in base al quale per ottenere appalti si dovevano pagare tangenti ma Ciardiello e Siciliano durante quegli anni non hanno mai avuto una gara. Solo la Gesico di Siciliano per il Parco Cellarulo dove non vi è traccia di nessun patto corruttivo. Lo stesso per i lavori di Pacevecchia di Ciardiello. Quella gara è del 2006 in cui il sindaco era D’Alessandro. Tutto si basa- ha proseguito nella sua arringa Prozzosulle dichiarazioni di Mottola in cui sembra emergere un quadro che vede i miei assistiti come vittime e non come corruttori e concussori. Anche sul Parco Cellarulo, tutto si è verificato tranne che la corruzione. La vicenda nasce, si evolve e muore con l’Architetto Scocca che ha pessimi rapporti con i colleghi del suo ufficio e di cui Siciliano è vittima dei rallentamenti nella conduzione dei lavori che alla fine sono stati anche completati visto che il Parco venne inaugurato. Per quanto riguarda Luigi Tedesco, la situazione è paradossale perché completamente estraneo ai fatti contestati”.

Infine è toccato all’avvocato Verrusio chiedere l’assoluzione per non aver commesso il fatto, per la sua assistita Lorena Lombardi, e all’ avvocato Gagliotti per la posizione di Andrea Lanzalone; anche in questo caso chiesta l’assoluzione per il dirigente comunale.

Ricordiamo che il processo nasce dall’inchiesta del sostituto procuratore Antonio Clemente e della digos su appalti e forniture di beni e servizi di Palazzo Mosti che ha coinvolto diversi funzionari, dirigenti ed ex amministratori dell’Ente e che causò nel 2013 un vero e proprio terremoto politico in città. Si torna il aula il 2 aprile.