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Cusano Mutri (Bn)  – Una conferenza stampa attesa da tempo, da subito dopo la decisione della Cassazione di rigettare il ricorso della Procura di Benevento sull’annullamento della misura cautelare degli arresti domiciliari, decisa dal Tribunale del Riesame, per il sindaco di Cusano Mutri, Giuseppe Maria Maturo e per il geometra Remo Di Muzio. Era il 31 gennaio e quasi due mesi dopo il primo cittadino di Cusano Mutri ha voluto raccontare la sua verità davanti a stampa e cittadini sulla vicenda che lo coinvolse il 28 giugno del 2018 quando, su ordinanza del GIP del Tribunale di Benevento, venne arrestato con l’accusa di concussione in concorso. Una vicenda che provocò un terremoto mediatico e politico, sconvolgendo Maturo che, fin dall’interrogatorio di garanzia, si dichiarò totalmente estraneo ai fatti che gli venivano contestati.

L’inchiesta era nata da una denuncia di un imprenditore edile che lamentava un sistema concussorio messo in piedi da Maturo. Secondo la Procura, il primo cittadino avrebbe preteso il versamento di una tangente pari al 50% sull’importo di uno dei lavori appaltati. Si trattava di due affidamenti di lavori in somma urgenza riguardanti, il primo la sistemazione della fognatura lungo il torrente Titerno, per un importo di euro 22.000,00 e il secondo la sistemazione dell’alveo dello stesso torrente, nella località Limata per l’importo di 13.000,00 euro.

Questa sera, dalle casse sistemate in Piazza Orticelli, si sono ascoltate le parole dure ed emozionate del sindaco, le registrazioni, le intercettazioni e le motivazioni del Riesame che ha accolto le istanze difensive di Maturo: “Il chiarimento era doveroso e necessario. Questa vicenda mi ha segnato profondamente perché mi hanno accusato di aver richiesto tangenti, di aver imposto l’assunzione di un operaio, di aver ricattato un imprenditore affinché lavorasse gratis per me. Oggi è il momento di far ascoltare tutto alla stampa e ai cittadini dopo che, per mia fortuna, i giudici non hanno creduto ai cantastorie”.

Maturo spiega nel dettaglio la vicenda: “La frase rivolta al denunciante, “come ti metti dopo?”, in un contesto in cui si stavano tutelando gli interessi del Comune per eliminare un dispendioso contenzioso amministrativo, è stata strumentalizzata facendola diventare la minaccia con la quale, per quasi due anni, lo stesso si sarebbe sentito sotto scacco. Il Riesame ha scritto – ha proseguito Maturoa proposito di questa frase, che: l’imprenditore l’ha registrata a futura memoria. Lui gli ha dato un significato intimidatorio circa un anno e mezzo dopo che è stata pronunciata in tutt’altro contesto quando gli è servita per imbastire questa storia vergognosa”

Maturo fa ascoltare la sua voce registrata dalle cimici indossate dal suo denunciante e ricorda che, lo stesso, aveva già lavorato per somme urgenze da importi maggiori e che da questo dettaglio si evidenzierebbe l’illogicità di una richiesta di tangenti su un lavoro dalla somma molto più piccola. “La giustizia protegge chi dice la verità non gli sciacalli e i calunniatori. Le mie parole sono state trasparenti pure se carpite in maniera disonesta. Dico di essere fortunato perché proprio grazie a quelle parole registrate approfittando della mia buona fede,  messe insieme in un mosaico contro la mia persona, ho dimostrato quanto fossi trasparente come uomo e sindaco e ben otto giudici, tre del Riesame e cinque della Cassazione, hanno letto e capito subito l’assurdità della mia vicenda giudiziaria”.

Maturo fa parlare le carte del Riesame: “la tempistica e la modalità delle sequenze in cui si articola l’acquisizione degli elementi dimostrativi fondanti l’assunto accusatorio appaiono ictu oculi assolutamente anomale”. E ancora: “è inafferrabile il contenuto della minaccia

In conclusione, un impianto accusatorio caduto dopo che la Cassazione ha: “Sottoposto ad analisi critica tutti gli elementi di prova, i colloqui registrati ritenuti decisivi, gli interrogatori degli indagati e le dichiarazioni del denunciante ritenuto inattendibile perché è anomala la tempistica e la sequenza dei fatti da lui narrata”.

“Non so se ci sarà un processo per me o per chi ha inventato storie contro di me  – dichiara infine il primo cittadino cusanese –. Quello di cui sono certo è che mi batterò fino alla fine affinché la verità continui a venir fuori. Lo faccio per la mia dignità, per la mia famiglia e perché un sindaco rappresenta una comunità, non può avere macchie. Lascio agli altri la scelta di vivere nell’ombra, di nascondersi, di tramare. Io ho il dovere di essere trasparente, di rendere conto alla mia comunità, soprattutto se mi colpiscono in maniera così violenta e sleale”.