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Benevento – La tragedia che colpì Davide Astori, il calciatore della Fiorentina scomparso lo scorso 4 marzo, è ancora attuale.  Lo sfortunato 31enne è uno degli ultimi in ordine di tempo ad aver lasciato la vita terrena inaspettatamente e troppo presto: prima di lui, anche altri sportivi sono rimasti coinvolti in simili episodi, avvenuti in campo o a riposo.

Più di 1000 sfortunati atleti hanno perso la vita sul campo da gioco, un numero preoccupante e consistente. Gli sportivi più colpiti sono quelli di basso livello agonistico (80%), cioè dilettanti e amatori. Questo perché ci sono minori controlli medici e in generale e caratterizzati da minore accuratezza.

Nessuno sport, anche se effettuato allo stremo delle forze, causa morte cardiaca improvvisa in un soggetto realmente sano. Affinché l’esercizio fisico degeneri in questa drammatica escalation di eventi occorre un “substrato patologico“, cioè una condizione patologica asintomatica sottostante che rende vulnerabile il cuore. Il nostro cuore è fatto da tre sistemi: quello elettrico, che genera e regola il battito cardiaco; quello meccanico costituito dal muscolo cardiaco e dall’apparato valvolare che traducono l’impulso elettrico in contrattilità garantendo così il flusso continuo e perpetuo del nostro sangue in circolo; infine il sistema che irrora e nutre il nostro cuore, le coronarie.

L’associazione Mogli Medici Italiani, sezione di Benevento, con il patrocinio del Coni e dell’Ordine Provinciale Medici Chirurghi ed Odontoiatri, organizza l’incontro “La morte improvvisa nei giovani e negli atleti” presso presso l’Auditorium “G. D’Alessandro”, al viale Mellusi.

Protagonisti questo pomeriggio gli atleti del volley, del  rugby, della marcia e del calcio. Da Sabrina Ricciardi, a Giuliano De Martino e all’australiano Liam Moylan, Teodorico Caporaso e Fabio Lucioni. Il convegno è statocoordinato da Angela Maffeo Grimaldi, presidente AMMI Sezione di Benevento.

Il tema della morte improvvisa nello sport è stato al centro di un’importante giornata di informazioni aperte a tutti  per evitare che la pratica sportiva si trasformi in tragedie. La Grimaldi ha lanciato il monito: “Lo sport non uccide chi lo pratica, lo sport uccide chi è cardiopatico e non sa di esserlo”. 

L’evento “eclatante” dell’arresto cardiaco sul campo da gioco e le strategie di prevenzione e di primo intervento sono stati i temi oggetto di relazione e della tavola rotonda che ha portato le esperienze dirette delle società sportive del territorio .

Marino Scherillo, Direttore Dipartimento Cardioscienze A.O. “G. Rummo” ha evidenziato: “La morte improvvisa nello sport è un evento raro ma estremamente doloroso e di forte impatto emotivo sulla collettività perché colpisce solitamente soggetti molto giovani. Prevenire quell’evento si può, diffondendo una cultura dell’attenzione e della prevenzione ed effettuando controlli sempre più sofisticati e meno invasivi”.

La Grimaldi ha rimarcato:”Questi sforzi non sono dovuti allo sport ma a situazioni genetiche che non si manifestano. I giovani atleti, sportivi di primissimo livello, che sono super controllati, non possono avere il sospetto di un gene malato “

Teodorico Caporaso ha messo in evidenza come lo sforzo fisico sia normalissimo nella sua disciplina e che presta molta attenzione alle abitudini alimentari,  mentre il nutrizionista De Martino e l’australiano Moylan hanno insistito sul riposo: “Quando si pratica uno sport intensamente, o a livello agonistico, l’allenamento e l’alimentazione sono due elementi di pari importanza, ma è necessario considerare un terzo fondamentale fattore: il riposo, inteso come recupero dell’organismo.” Infine, Fabio Lucioni ha portato la sua esperienza calcistica: “Rispetto a un marciatore ci sforziamo certamente meno, ma l’aspetto mentale e psicologico resta fondamentale”.