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Benevento – Che il momento sia critico questo è risaputo ma che, poi, possano accadere situazioni spiacevoli che non agevolano ma complicano la situazione, allora vivere un virus sulla propria pelle diventa stressante dal punto di vista psicologico oltre che fisico.

La storia è di una famiglia beneventana, quattro persone, completamente colpita dal coronavirus. Madre, padre, una figlia e la nonna. L’iter è stato praticamente perfetto con l’isolamento e ogni tipo di comunicazione che è stata fatta per poter rispettare le norme in materia. Ma alcune cose non sono andate nel verso giusto, ritardi che hanno complicato il tutto e, in aggiunta, situazioni che hanno dimostrato quante falle ci siano nel sistema, almeno a Benevento.

Visita della Polizia Municipale con ben 15 giorni di ritardo rispetto alla comunicazione iniziale (ed è questo corpo a dover gestire il comportamento delle persone toccate dal virus spiegando cosa si può fare e come farlo, basti pensare che non è possibile gettare neanche la spazzatura all’esterno) ma, soprattutto, incapacità nel mettersi in contatto con l‘Asl sannita che, è vero, sarà travolta da chiamate, ma pare poco credibile che in 24 ore la linea non si sia mai liberata. La magagna vera e propria, però, nasce dal fatto che questa famiglia non sappia la propria condizione: cioè nessuno sa se c’è stata negativizzazione o meno. Il motivo? Semplice, nonostante ogni serie di avviso, l’Asl in agenda non aveva il nome dei quattro componenti per la convocazione per il tampone al drive in del Palatedeschi. E avrebbe dovuto averlo dal giorno dell’esito del tampone fatto in un laboratorio privato. E invece tutto si è ritardato: dalla richiesta all’Usca di un appuntamento privato (c’è una persona che non può muoversi dal domicilio) con tanto di risposta “vi faremo sapere”, alla richiesta di passare prima dal dottore di famiglia che deve fare questo tipo di comunicazione. Insomma un rimbalzo continuo. In queste circostanze, poi, si ricorre a tutto. E anche alla comunicazione al primo cittadino Mastella che, va detto, ha risposto immediatamente all’esigenza di questa famiglia, prendendo a cuore la storia pur non avendo autorità in merito.

Una serie di ritardi e manchevolezze che stanno tenendo questa famiglia ancora chiusa dentro casa senza sapere se l’incubo è finito oppure no. E’ normale che sei si apre una prima falla, l’acqua poi entra da ogni parte. L’indifferenza e il pressappochismo che, insieme, non fanno altro che sommare lo stress fisico al disagio mentale.