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Mani tra i capelli, incredulità, sgomento. Qualcuno prende subito il cellulare per rivedere le immagini, per ingrandire una scena che dal lontano settore ospiti dello stadio San Nicola appare ridotta ai minimi termini. Quei puntini che si muovono sul rettangolo verde diventano così sagome definite, protagoniste – loro malgrado – di un thriller venuto male. Ce n’è una in particolare, in maglia fosforescente, la cui recitazione non convince. Nel giro di quattro minuti guasta i piani del Benevento, gli sbarra la strada e lo butta giù dalla torre. Piccinini di Forlì con una ‘sciabolata tesa’ (come la definirebbe un suo ben più noto omonimo) disintegra il piano partita di Stellone prima negando ai giallorossi un penalty solare e poi eliminando dalla contesa Gennaro Acampora, che in questo campionato mai aveva giocato così bene come nella prima mezz’ora nell’Astronave. 

Incubo al San Nicola, Piccinini e il metro di giudizio incomprensibile

Accadono cose strane nel maestoso impianto progettato da Renzo Piano per i Mondiali di Italia 90. Svarioni plateali, interpretazioni ambigue di un regolamento studiato senza rigore (in tutti i sensi) e applicato con la flessibilità di un grissino. Piccinini rovina innanzitutto una bella partita – ma a Bari se ne fregheranno altamente di questo –  disseminando ancora più ostacoli sul già tortuoso sentiero che dovrebbe condurre la Strega alla salvezza. Il suo metro di giudizio è incomprensibile: a pochi secondi dal fischio iniziale Foulon commette un fallaccio su Antenucci, un intervento da giallo intenso: nessun cartellino. Poi lascia correre su una serie di interventi ruvidi da una parte e dall’altra (“Queste cose non le fischio”, si legge chiaramente dal suo labiale, pescato dalle telecamere), ma alla mezzora smentisce se stesso sanzionando con l’ammonizione Acampora per un fallo senza cattiveria su Benedetti, a oltre 30 metri dalla porta difesa da Paleari.

Da quel momento iniziano dieci minuti di fuoco per la squadra arbitrale, che va in tilt e condiziona la partita. Al 34′ Viviani viene sbilanciato da Cheddira, cade a terra e lo sfiora con i tacchetti sul polpaccio. Piccinini è lì, a due passi e lascia correre. L’azione prosegue, il pallone arriva in area pugliese dove Pettinari è bravo a girarsi e concludere, trovando però l’opposizione con il braccio di Vicari. Sarebbe calcio di rigore, ma il direttore di gara non vede nulla. Richiamato dal Var Abisso, salito alle cronache per recenti disastri, va all’on field review e finalmente si rende conto che il tocco di braccio non solo c’è ma è anche netto.

A questo punto il nastro viene però riavvolto all’inverosimile e il replay lanciato sul monitor torna indietro di diversi secondi. Arriva fino al contatto Cheddira-Viviani, quello che lo stesso Piccinini, osservandolo da posizione privilegiata, aveva valutato regolare. Lo riterrà nuovamente così, si penserà, e invece qui accade l’incredibile: il forlivese cambia idea, altera ancora il suo metro di giudizio, scomunica nuovamente stesso. Punizione per il Bari. E qui il tanto invocato protocollo c’entra ben poco, si entra nell’ambito del buonsenso. E dunque mani nei capelli, incredulità, sgomento in quel settore del San Nicola lontano da Dio e dal mondo. 

Una mannaia sulle fragilità del Benevento

Al Benevento, squadra fragile e vulnerabile, paradossalmente sarebbe andata meglio l’indifferenza, il lasciar correre senza andare al var, evitando dunque l’ennesima, deleteria successione di eventi colma di agonia e di tensioni. Quando il gioco riprende subentra infatti la foga, la voglia di dimostrare e di riprendersi il maltolto. Svanisce la lucidità. Acampora non si tira indietro, commette un secondo fallo in pressing offensivo che neppure sommato al primo varrebbe un cartellino giallo. Invece Piccinini si erge di nuovo a protagonista e lo butta fuori senza pensarci su due volte. Sbaglia il centrocampista nel non contenersi, ma il replay anche stavolta non lascia scampo alle colpe del direttore di gara.

Sarebbe anche finita qui con gli episodi arbitrali, ma nella ripresa ne viene fuori un terzo, che è anche quello che porta al vantaggio del Bari. Cheddira calcia in area, Foulon lo tocca quando il pallone è già diretto verso la porta di Paleari e procura il rigore che sblocca la partita. Anche in questo caso Piccinini non vede, tanto che assegna inizialmente un corner. Va di nuovo al monitor, cambia la sua decisione con l’ausilio di Abisso e spiana ancor di più la strada ai galletti, decretando di fatto la fine della partita del San Nicola dopo soli 54 minuti. 

Ciò che accade dopo, espulsione (giusta, questa sì) di Viviani e raddoppio di Folorunsho compreso, ha l’aria di avere poco senso. Molto di più ne hanno i cori dei tifosi giallorossi, il loro sostegno incondizionato. Sui gradoni tra gli oltre cinquecento spiccano volti scurissimi, affranti, provati. Portano i segni di un’annata balorda, di una tristezza inattesa in questi termini. I loro occhi incrociano lo sguardo dei giocatori. La squadra va ad applaudirli, a ringraziarli mentre assistono impotenti a un declino imprevisto. Vogliono continuare a crederci, lo urlano a gran voce con la forza della disperazione. Chissà se qualcuno ascolterà le loro preghiere.

Bari-Benevento, le pagelle: Acampora-Viviani rossi diversi, Carfora unica luce