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Benevento – Più che mare, Benevento si è ritrovato pozzanghera. Le sardine, nel Sannio, non hanno invaso piazze, non hanno replicato, neppure in minima parte ciò che invece, ora, sta accadendo nelle altre città. Verrebbe da pensare che il capoluogo sannita non sia Milano, ne tantomeno Bologna o Napoli. Ma la reazione, e l’azione, è da paese di provincia, non da città.

Le forze dell’ordine dicono 300 persone presenti, pochissimi i politici, Piazza Federico Torre non è Piazza Duomo o Piazza del Plebiscito ma non riempire nemmeno quella, l’ultima volta piena con Chef Rubio al BCT, è un risultato, oggettivamente, deludente. Non è colpa, solo, degli organizzatori. Non è certo colpa di chi ha partecipato. Banalmente, ma mica tanto, è colpa di una mentalità, in questa città, di chi preferisce i palazzi alle piazze. Quella di ieri non era una manifestazione politica, non era una manifestazione necessariamente di sinistra. L’idea parte dal voler dire, semplicemente, no al populismo. No al razzismo. Ieri è stato quindi constatato che a Benevento ci sono 300 persone contro il razzismo. Forse 400 o 500 perché ci sarà pure qualcuno che avrebbe voluto partecipare ma non ha potuto. Ma appare impensabile ritenere possibile che in questa città, in una città del sud, ci siano 300 persone, e basta, contro il razzismo. Contro, pacificamente, Salvini. Se cosi fosse, poveri noi. Non c’è, ad ogni modo, una regola scritta, in questo caso. Non è scontato che sia, per forza di cose, una sola la Manifestazione. Ci si può radunare di nuovo. Lo si può fare ancora. Il consiglio: riprovateci. Meglio ritentare, credendoci, che fallire.