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A palazzo Mosti irrompe la questione ‘Santa Sofia’. La Chiesa che ha aperto alla città di Benevento le prestigiose porte dell’Unesco è stata questa mattina al centro dei lavori della commissione Cultura e tornerà ad esserlo già mercoledì prossimo.
Merito di Anna Maria Mollica, consigliera comunale del Movimento Cinque Stelle, che all’attenzione dei suoi colleghi ha portato una proposta volta a migliorare la fruibilità turistica del complesso monumentale longobardo. 
L’obiettivo dell’esponente pentastellata è chiamare al confronto i soggetti istituzionali competenti per concertare e realizzare un piano finalizzato a valorizzare ulteriormente il potenziale del bene riconosciuto Patrimonio dell’Umanità il 25 giugno del 2011.
Potenziale tuttora inespresso, almeno a pieno, come pure sottolineato con diversi interventi – più o meno recenti – da associazioni, società e comitati impegnati per lo sviluppo delle capacità turistiche del capoluogo.
L’incipit della proposta che Anna Maria Mollica presenterà mercoledì mattina è dato dalla richiesta di riservare per la Chiesa di Santa Sofia soltanto la celebrazione di eventi di grande rilevanza religiosa, impegnando per le funzioni ‘ordinarie’ la parrocchia del Santissimo Salvatore di via Stefano Borgia, al momento non utilizzata ed inoltre accessibile con le automobilisti ai fedeli, sia anziani che disabili. Contestualmente, la Chiesa di Santa Sofia resterebbe aperta al pubblico e ai turisti praticamente per l’intera giornata.
Al momento, ricordiamolo, l’edificio è aperto dalle 8 alle 12 di mattina e dalle 16 alle 19 del pomeriggio ma gli accessi ai visitatori non sono consentiti durante le funzioni religiose. Una ‘postilla’ che finisce per pregiudicare, inevitabilmente, la godibilità turistica del Complesso.
Il confronto, dicevamo, è soltanto agli inizi. Anche perché la consigliera M5S ha posto sul tavolo un interrogativo tutt’altro che estraneo alla discussione.
Di chi è la proprietà del bene? A mettere in dubbio la titolarità soltanto da pochi anni attribuita al Ministero dell’Interno, attraverso il Fondo Edifici di Culto, è un documento recuperato nel 2017 e risalente al 17 aprile del 1939.
Si tratta di un atto di compravendita, conservato presso l’Archivio Notarile del capoluogo, sottoscritto tra l’Orfanotrofio Vittorio Emanuele III e l’amministrazione provinciale di Benevento.
In tale atto, infatti, prima si riporta che “L’Istituto Vittorio Emanuele terzo per orfani di Benevento è proprietario del Chiostro di Santa Sofia e dell’attigua chiesa omonima siti in Benevento alla Piazza Santa Sofia” e poi si specifica che “L’Istituto vende, cede, aliena e trasferisce all’amministrazione provinciale di Benevento… che accetta e compra, il Chiostro di Santa Sofia coll’attigua chiesa omonima, con gli annessi due giardini e con ogni altro accessorio, dipendenza e pertinenza”.
A sottoscriverlo, dinanzi al notaio Errico Marinaro, furono Pasquale Meomartini, nella qualità di vice preside e legale rappresentante della Provincia ed Ernesto Manna, Commissario Prefettizio e legale rappresentante dell’Istituto Vittorio Emanuele.
Ottocentosettantunomilasettecento il prezzo in lire pagato dalla Provincia.
L’atto, consultabile sul portale www.santasofiabenevento.it e ritrovato da uno stimato studioso locale, potrebbe, una volta esaminato ed approfondito, cambiare dunque le carte in tavola, consegnando alla Provincia di Benevento la disponibilità del Complesso.
Un elemento di novità utile ad alimentare una discussione, quella relativa alla valorizzazione dello straordinario patrimonio di cui Benevento dispone, sempre attuale.