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Benevento – Il programma, lo spot, le reazioni. La prossima edizione di Città Spettacolo è finita negli ultimi giorni nel mirino dell’opinione pubblica animando spiriti e scatenando polemiche. Tra le iniziative più curiose e divertenti avevamo segnalato quella di Enzo Savastano, neomelodico beneventano, che ha pensato di stilare un immaginario programma da contrapporre alla rassegna di fine agosto. Nella recente intervista rilasciata ad Anteprima 24, invece, il direttore artistico di Città Spettacolo Renato Giordano ha rispedito tutto al mittente senza risparmiare qualche stoccata ai critici. E alla domanda “Direttore, conosce Savastano?“, aveva risposto “no, non so chi sia”.

E lei, maestro Savastano, lo conosce Renato Giordano?

“Ma sai, con Renato ci siamo conosciuti nel ’89. Lui è l’autore di “Polpaccio Polpaccio”, probabilmente la mia hit più venduta (12 milioni di copie solo nella provincia di Pesaro/Urbino). In quell’occasione capii che aveva poca vocazione neomelodica e molta vocazione teatrale. Mi propose di recitare ne “I Menecmi” di Plauto assieme ad Umberto Smaila. Ma non me la sentii. Umberto veniva da una tradizione artistica molto più profonda della mia. Renato provò a convincermi con un Camogli, all’Autogrill Cantagallo Ovest di Bologna, ma vinse l’orgoglio”.

Qual è il rapporto con l’Universo dei Supermercati?

“Io ai supermercati ho sempre preferito la salumeria spicciola, dove ti danno il resto in Goleador. La trovo una delle cose più poetiche del terzo millennio. Ho visto che lo spot di Città Spettacolo è stato ambientato in un Carrefùr. La cosa mi ferisce due volte. Da kuando questi supermercati stanno aperti pure di notte, rubano il lavoro a noi musicisti. La gente non viene più a sentirci in piazza. Passa le serate nei Carrefur, perché oggettivamente costa meno, trova parcheggio e si mangia meglio. Ne parlavo due sere fa con l’amico fratello Gigione che si è visto scippare il pubblico della Sagra del Sushi di Pontecagnano da un Carrefour nelle vicinanze. Un direttore artistico deve tenere conto di queste cose”.

Crede di essere più intellettuale di Renzo Arbore?

“Renzo è un amico. Ci sentiamo la sera per confrontarci sulle camicie da metterci, e mi consiglia sempre cose interessanti. Gli occhiali li devo a lui. E lui mi deve la canzone “il Clarinetto”, scritta per salvare il mio sassofonista Lello Sorice Junior dal precipizio del jazz. Lello si salvò perseverando nella neomelodia e io diedi il pezzo a Renzo. Mi ringrazia ogni giorno.
Lasciami spendere una parola di più, però. Leggo molte critiche su Città Spettacolo. E sono critiche ingiuste. Secondo me è un festival giovane e deve ancora crescere. E forse ha solo bisogno della soluzione. Io una mezza soluzione ce l’ho. Sogno per la mia città un grande scivolo che parte da Piazza Castello e arriva a Piazza Bissolati. Lo scivolo – come dice il mio manager Loredano Nettare – è il trampolino sull’infinito, il ritorno all’infanzia. E che c’è di più teatrale dell’infanzia? Dove si interpreta la parte degli adulti per continuare a sentirsi bambini.E poi lo scivolo costa meno di uno spettacolo di Emma Dante. E francamente si capisce anche di più”.