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Con il ritorno alle urne ormai alle porte, cominciano a spuntare su giornali e siti gli studi volti a simulare la sfida elettorale partendo dall’ipotesi di una (tutta da verificare) alleanza tra la Lega di Salvini e il Movimento Cinque Stelle di Di Maio.

Per la Campania, in realtà, ci sarebbe poco da aggiungere a quanto già emerso dal voto del 4 marzo. Già in solitudine, infatti, i grillini – prendiamo in considerazione esclusivamente i dati della Camera – due mesi fa conquistavano 21 dei 22 collegi uninominali in palio.

Dovessero effettivamente correre insieme leghisti e grillini, il ‘cappotto’ sarebbe completo. Anche ad Agropoli, collegio dove la prova dignitosa del Pd (che candidava il ‘re delle fritture’ Franco Alfieri) facilitava l’affermazione del centrodestra, la proposta gialloverde risulterebbe oggi vincitrice del corpo a corpo pur con una percentuale ‘normale’, il 39,05%.

Resterebbe comunque l’unico collegio contendibile. Per il resto, il dominio M5S-Lega sarebbe totale, con percentuali mai viste nella storia repubblicana. I candidati di Di Maio e Salvini volerebbero oltre al 65% in diverse aree del napoletano, come Acerra, Ponticelli, Portici. La semplice somma dei voti raccolti porterebbe il cartello antisistema a sfondare l’asticella del 60% anche a Casoria e a Napoli città (nel collegio di Fuorigrotta).

La provincia partenopea, dunque, a leggere i dati delle ultime politiche, appare quella meglio disposta ad accogliere un governo gialloverde.

Ma la musica cambierebbe solo di poco nelle altre realtà campane. In particolare, nella Terra di Lavoro, dove forte è il consenso della Lega, l’allenza Di Maio-Salvini pure sfiorerebbe il 60% nei collegi di Caserta e Aversa. Un elettore su due, invece, sposerebbe il progetto sovranista nel Sannio e in Irpinia.

Meno bulgare, per concludere, le percentuali che nel premierebbero ‘il contratto’ nel salernitano, con gli estremi rappresentati da Battipaglia (49,22%) e, come dicevamo, Agropoli.