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Era l’appuntamento più atteso di “Piazze d’autore”, lo spazio che Città Spettacolo ha voluto dedicare alla letteratura, e le aspettative non sono andate tradite. 
A distanza di quattro mesi, Antonio Scurati è nuovamente protagonista a Benevento. Il 12 aprile scorso, giorno della presentazione dei 12 finalisti dello Strega, lo scrittore di origini napoletane indossava ancora le vesti di favorito. Il pronostico è stato rispettato e Scurati stavolta può parlare da vincitore. Merito di “M. Il figlio del secolo scorso”, opera che ricostruisce l’ascesa al potere di Benito Mussolini, dalla nascita dei “Fasci di combattimento” nel primo dopoguerra fino all’omicidio di Giacomo Matteotti. Romanzo che avrà un seguito, in pubblicazione nel 2020, anzi due. Due libri che racconteranno l’affermazione del regime e poi il suo crollo.

Ma torniamo al primo “M”. In una piazza Federico Torre strapiena, Scurati parte proprio dal successo del suo romanzo.
“A darmi gioia è constatare che il libro non solo sia letto tanto ma anche da molti. È un pubblico trasversale quello che ha deciso di acuistare il libro. Un segnale positivo. Per l’editoria, perchè significa che il popolo risponde se gli offri qualcosa che è impegnativo ma allo stesso tempo è scritto in maniera avvincente; per il Paese, perchè non è vero che siamo un popolo perduto: crediamo ancora nel civismo e nella democrazia”. 
E quasi a ribadire il concetto, Scurati indica come giorno più bello della sua vita non quello della vittoria allo Strega ma lo scorso 25 aprile: “Sfilando a Milano, come ogni anno, in tanti mi raggiungevano per abbracciarmi. È stato emozionante”.

La discussione prosegue e a prendersi la scena è ‘il figlio del secolo scorso’. “Il racconto comincia dal 1919. Era un’Italia piena di speranze e di fervore. Il partito socialista cresceva e una fetta consistente del Paese sognava la rivoluzione. Ma era anche un’Italia spaventata. E la paura nasceva appunto dalla speranza che coltivava l’altra Italia. Mussolini ha giocato proprio su questo: sulla paura. La minaccia socialista veniva presentata come fosse un’invasione straniera. I “rossi” erano dipinti come anti-italiani e questo giustificava la violenza”. 
Ma c’è un altro aspetto di Mussolini su cui Scurati si sofferma a lungo. “La sua più grande qualità era l’istinto. Fiutava eventi e umori e si muoveva di conseguenza. All’Italia che si sentiva tradita dall’esito della prima guerra mondiale lui si presentava come l’anti-sistema, ponendosi come unica alternativa alle mummie sedute in parlamento. Una rottura col passato che era emblematica nel linguaggio, totalmente nuovo, con cui Mussolini si rapportava al popolo. E se la politica fino ad allora tendeva a conservare una distanza dalla gente comune, utilizzando un linguaggio dotto e ottocentesco, il fondatore del fascismo si offriva alla massa, che pure detestava, con un linguaggio fatto di frasi semplici e slogan efficaci”.
E se la realtà attuale presenta similitudini con quanto già accaduto, Scurati vede nel suo romanzo proprio uno strumento utile a esorcizzare questi fantasmi. “Per molti la lettura del libro è stato un esercizio di democrazia”.