Sarà il giorno del dolore e dei ricordi quello che vivranno oggi i tifosi del Benevento al “Ciro Vigorito” a dodici anni esatti dalla scomparsa di Carmelo Imbriani. Non è la prima volta che accade alla squadra giallorossa di dover scendere in campo in una ricorrenza così triste ancora di più per chi quel 15 febbraio 2013 era lì, su quegli stessi gradoni ad omaggiare immobile e con gli occhi pieni di lacrime la bara di Carmelo adagiata sotto la Curva Sud. Chissà quanti pensieri e quante immagini riaffioreranno nella testa dei migliaia di supporter giallorossi e non solo che hanno avuto la fortuna di ammirarlo come calciatore, allenatore e soprattutto uomo. Da padre in figlio, ogni tifoso della Strega ha il dovere di raccontare e tramandare ai posteri chi era Carmelo Imbriani, uno dei pochi esempi capace di unire l’intero mondo del calcio che lo ha incitato a lottare contro il linfoma di Hodgkin urlando in un solo coro “Imbriani non mollare” a prescindere da quale sciarpa aveva al collo. Un ragazzo che amava il calcio e in maniera folle il suo Benevento, prima da calciatore e poi da tecnico dal 2011. Un ragazzo che aveva un sogno, quello di condurre la Strega fino a dove non era mai stata prima (in serie B) e che un beffardo destino gli ha impedito di vedere: “Sono tranquillo ed emozionato – disse il giorno della sua investitura da allenatore del Benevento – ma passerà subito. La gente mi aiuterà: sanno che sono uno di loro. Ho voglia di dimostrare il mio valore e di conquistare qualcosa anche per loro raggiungendo quel sogno che tutta la città sa”.
Resta scolpita nella mente di tutti la sua corsa sfrenata al “Partenio” dopo un gol messo a segno nel derby contro l’Avellino, gioia allo stato puro per Carmelo come un bambino che aveva appena scartato sotto l’albero il regalo più desiderato. Ma mai in maniera irriverente e sempre rispettando avversari e tifosi, filo conduttore che ha accompagnato la sua carriera che lo ha visto calcare anche i campi prestigiosi della serie A. “C’è qualcosa che va al di fuori del calcio. L’affetto umano che rimane e che trasmetti a qualcuno, significa che hai lasciato qualcosa di importante che va al di fuori del calcio. Rimane l’uomo. Il calciatore e l’allenatore finisce, ma l’uomo resta”. Questo le sue parole che risuonano ancora forti. Sì, Carmelo vive con noi e la sua bandiera continuerà a sventolare fiera.