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Benevento – E’ iniziata la caccia alle streghe. Non certo una novità per Benevento, avvezzo a megere e fattucchiere. Questa volta, però, le streghe indossano la maglia giallorossa della società di via Santa Colomba e la partita con la Roma non ha fatto altro che amplificare il coro sollevatosi nel post Napoli. Serve un colpevole, un capro espiatorio e allora l’indiziato numero uno finisce inevitabilmente per essere Marco Baroni. Il tecnico è finito sul banco degli imputati per le sue scelte, il 4-4-2 non piace e non convince eppure il modulo è lo stesso delle prime tre partite di campionato, quando un Benevento (colpevolmente) incompleto era riuscito a tenere testa a Sampdoria, Bologna e Torino, subendo quattro reti (poi diventate quattordici) e ritrovandosi immeritatamente a zero punti.

Ancora una volta, dunque, il calcio dimostra di avere memoria corta e sono bastate due sconfitte contro Napoli e Roma, rispettivamente terza e seconda alla fine dell’ultimo campionato, per sollevare il solito polverone. Gli ultimi 180′ di campionato, tuttavia, hanno messo in evidenza un altro elemento: la mancanza di cattiveria e di carattere della squadra. Al “San Paolo” i giallorossi sono usciti di scena dopo appena tre giri di lancette, ieri davanti al proprio pubblico hanno disputato venti minuti positivi salvo arrendersi una volta passati in svantaggio. La vera domanda da porsi è: qual è il vero volto del Benevento? Quello capace di strappare per lo meno consensi in avvio di stagione o quello arrendevole ammirato nelle ultime due uscite?

Baroni ha commesso i suoi errori, a Napoli principalmente, ma ha anche le sue attenuanti che in molti fingono di ignorare. Se a questa squadra si tolgono contemporaneamente gli unici due uomini capaci di allungarla e di ribaltare il fronte di gioco è prevedibile finire in balia dell’avversario. Ciciretti e D’Alessandro, con i loro strappi e le loro giocate, sono indispensabili e se al conto si aggiunge la sfortuna di perdere tre dei quattro difensori centrali tutti insieme, si evince come in pochi, nei panni del tecnico fiorentino, avrebbero fatto meglio contro due corazzate. I risultati sarebbero potuti essere gli stessi ma Baroni, ormai finito nell’occhio del ciclone, è stato addirittura colpevolizzato per non aver fatto giocare Gravillon, come se il giovane scuola Inter potesse rappresentare la panacea di tutti i mali. Autorete a parte, la prova di Venuti è stata senza infamia e senza lode e probabilmente in pochi avranno notato come in sofferenza sia invece andato Lucioni, uno che di mestiere fa proprio il centrale. Una caccia alle streghe, insomma, senza alcuna cognizione di causa.

Senza voglia, senza rabbia e cattiveria e senza quella fiammella d’orgoglio di voler dimostrare di essere da serie A sarà difficile fare strada. E’ questa la pecca più grande di una squadra in fase involutiva. Smettere di crederci dopo soli cinque turni sarebbe un delitto troppo grande. Il campionato non inizierà a Crotone, il campionato è già iniziato ma per fortuna le contendenti alla salvezza per il momento non corrono. L’obiettivo è ancora a portata di mano, servirà crederci altrimenti il nome dell’avversario di turno finirà con l’essere irrilevante. Il calendario, tra l’altro, non aiuta di certo il Benevento ma allo “Scida” occorrerà fare punti per non affossare ulteriormente il già fiacco morale di una squadra chiamata a riscattarsi per se stessa, per il proprio tecnico e per i propri tifosi. Evitando cataclismi già annunciati.