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“Mica puoi portare l’orologio da questo?”. Parte da tale richiesta la crudele vicenda delle torture in una delle case popolari del rione Libertà di Benevento inflitte a tre giovani residenti a San Leucio del Sannio, uno dei quali minore di diciotto anni, che ha portato all’arresto di  Antonio Barone, 48 anni, del figlio Vincenzo Cinque, 25 anni, di Emanuele Ucci, 23 anni e Ludovico Lepore, 53 anni, tutti di Benevento.

Una richiesta fatta da un giovane a un 20enne di San Leucio nell’intento di risolvere pacificamente un litigio avvenuto la sera del 15 dicembre 2023, all’esterno di un locale di Pietrelcina, tra alcuni ragazzi di San Leucio del Sannio e due di Benevento, Vincenzo Cinque ed Emanuele Ucci. Il ragazzo era stato contattato da Antonio Barone in quanto rivoleva indietro l’orologio che il figlio aveva smarrito durante il diverbio: “Sono Antonio Barone. Sono il padre di quello che hai litigato l’altra sera. Scendete a Benevento, adesso tenete il problema, se non venite, vi vengo a prendere dentro casa. Portami a tuo fratello, se non venite vi metto il pesce in bocca”. Insieme all’orologio, il 20enne doveva consegnare a Barone anche un cesto con dei salumi in segno di scuse.

Nella notte tra il 17 e il 18 dicembre 2023, quindi, i tre giovani si recarono nella ‘palazzina’ al Rione Libertà di Benevento per risolvere pacificamente il litigio di Pietrelcina, ma si trovarono al centro di una notte di terrore, vittime di torture, vessazioni, trattamenti degradanti. Secondo l’accusa l’azione punitiva nei confronti dei tre ragazzi sarebbe stata programmata e diretta da Antonio Barone, come reazione all’offesa subita da suo figlio Vincenzo Cinque. Barone li attirò a casa sua facendo credere che avrebbe accettato le scuse e poi, dopo aver chiuso a chiave la porta, con l’aiuto di suo figlio Vincenzo Cinque, di Ucci e di Lepore, li avrebbe letteralmente torturati, prendendoli a calci e a manganellate, prima di rapinarli: scene degne del film “Arancia Meccanica”. 

Vincenzo Cinque iniziò a colpire il 20enne con pugni al volto mentre gli diceva: “Ti ricordi? Adesso non fai il guappo. L’altra sera eri il mastro di festa, ora non fai nulla”. Poi anche Barone colpì ripetutamente la vittima dicendo: “Ti faccio vedere io come si picchia”. In seguito gli indagati, tutti insieme, colpirono la vittima al volto, obbligandolo a non coprirsi la faccia con le mani, minacciando che altrimenti lo avrebbero ucciso. Colpirono il ragazzo anche con delle sedie ed un manganello telescopico. Addirittura Cinque costrinse il 20enne a pulire con uno straccio il proprio sangue sul pavimento. Inoltre Barone, mentre gli altri tenevano ferma la mano destra del giovane su un tavolo, sferrò colpi di mannaia, a breve distanza, simulando il gesto di tagliare la mano del giovane. Lepore puntò un coltello al collo del ragazzo e, premendo, disse “lasciatemelo uccidere”. Poi Barone afferrò la testa della vittima, gli tirò i capelli e lo spinse ripetutamente contro il bordo della vasca, dicendo “ti ammazzo, ti spacco la testa”

L’altro ragazzo che era in compagnia del 20enne venne colpito da Vincenzo Cinque con schiaffi al volto e venne scaraventato sul pavimento. Appena si riprese, Cinque gli ordinò di muoversi a carponi sul pavimento e di fare il verso del cane. Barone ordinò al giovane di rimanere disteso per terra, con il volto contro il pavimento, mentre tutti lo colpivano, anche con il manganello. Inoltre, il ragazzo venne colpito con calci e pugni fino a provocargli una defecazione spontanea, e costretto quindi a stare sul balcone per il cattivo odore che emanava: “Dato che emanavo un forte odore di feci a causa della mia condizione a seguito delle percosse, mi fecero attendere sul balcone chiuso fuori senza la possibilità di potermi allontanare. Per circa mezz’ora, forse più, sono rimasto sul balcone non vedendo altro”. Oltre ai due ragazzi, in casa era presente anche un minore, un 16enne, che venne trattenuto nell’appartamento di Barone mentre questi ed i suoi complici torturavano gli altri due ragazzi. “Ci stavi alla rissa? Quanti anni hai?”, il 16enne rispose che non centrava nulla con la rissa e che era minorenne. Allora Barone gli disse: “Siediti al mio fianco che a te non succede nulla”.

In quelle ore interminabili nella casa al rione Libertà, alle tre vittime vennero sottratti anche un cellulare, un I-Phone 14 Pro del valore di oltre 1200 euro, somme di denaro contante e l’autovettura con la quale erano giunti a Benevento. “Muovetevi. Mettete tutti i telefoni sul tavolo. Fate presto”. Poi chiesero se avessero del denaro sulla carta bancomat: “I quattro stanchi di picchiarci, iniziarono a chiedere del denaro: “Quanti soldi hai in tasca?”, la testimonianza di uno dei tre ragazzi. Durante le violenze gli indagati tentarono di costringere il 20enne ad effettuare due bonifici dell’importo di 560 e 550 euro tramite il sistema di home banking del proprio conto corrente, senza che le operazioni andassero a buon fine per anomalie del sistema. Lepore e Ucci inoltre si impossessarono dell’automobile Fiat Idea e a bordo condussero il 20enne presso lo sportello ATM di San Leucio del Sannio, dove lo obbligarono a prelevare 250 euro con il proprio bancomat e poi si impossessarono del danaro prelevato. Come ricostruito da una delle vittime, mentre uno degli indagati era alla guida dell’auto fece una videochiamata con una ragazza che a suo dire era la sua fidanzata, alla quale mostrò in diretta il volto del 20enne tumefatto e sanguinante vantandosi del pestaggio. Proprio in quella occasione c’è stato l’incontro casuale con i carabinieri. A bordo dell’auto c’erano Lepore, Ucci e nel retro dell’abitacolo, il 20enne con segni di violenza sul volto. Quando vennero fermati dai militari, i due indagati lo minacciarono dicendo “ora che vengono i Carabinieri, non dire cosa è successo stasera, altrimenti ammazziamo te ed i tuoi amici, ci basta fare una telefonata… digli che abbiamo avuto una rissa e noi siamo venuti a prenderti”. Non credendo alle parole sulle lesioni del ragazzo, i carabinieri cercarono di chiarire quanto accaduto. E una volta scoperta la verità, si recarono nell’abitazione dove erano ancora sequestrati gli altri due giovani, controllati da Barone e dal figlio, che gli impedivano di uscire.

Alla fine i quattro responsabili delle violenze sono stati arrestati: uno è in carcere e gli altri tre agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico. Tutti sono accusati di tortura, sequestro di persona e rapina, verso i tre giovani di San Leucio del Sannio. Nel primo pomeriggio di oggi inizieranno gli interrogatori di garanzia dei quattro indagati davanti al Gip, difesi dagli avvocati Antonio Leone,  Luca Russo e Mario Villani.

Foto di repertorio