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Benevento – “A scuola si va per diventare persone. Un insegnante è un accompagnatore, è qualcuno che deve spiegare come si deve andare avanti e quello che si deve fare”.

Lo ha detto Roberto Vecchioni, cantautore, scrittore, poeta, professore di Filosofia nei Licei, concludendo nel pomeriggio, presso il Teatro Massimo di Benevento, il 4° Festival Filosofico del Sannio, promosso dalla Associazione Culturale Filosofica “Stregati da Sophia”, ed incentrato sul tema della Vita. Davanti ad una platea delle grandi occasioni, composta soprattutto da studenti liceali ma anche da persone più mature, venute anche a testimoniare l’affetto per l’autore di brani quali “Luci a San Siro” o “Samarcanda”, Vecchioni ha tenuto una “Lectio Magistralis”, imperniata sulla illustrazione del concetto di felicità e di vita.  

La vita occorre affrontarla; essa è una dinamica continua. Si corre perché se si sta fermi si perde tutto”. Vecchioni ha condotto l’uditorio in un viaggio lungo quello che ha chiamato come “il tempo verticale“, uno spazio che tiene uniti tra loro passato, presente e futuro, dove nulla si perde. D’altronde “la felicità non è un angolo acuto della vita o un logaritmo incalcolabile o la quadratura del cerchio: la felicità è la geometria stessa”. Vecchioni ha detto che è inutile chiedersi cosa sia la felicità, o come fare a raggiungerla: “la felicità non è una questione d’istanti, ma una presenza costante, che corre parallela a noi. Il problema è saperla intravedere, imparando a non farci abbagliare”.

L’ultima giornata del 4° festival Filosofico era stata aperta dalla animatrice della manifestazione, la docente Carmela D’Aronzo, con un appassionato intervento nel quale ha discusso sulla necessità di “trasferire le parole che possano aiutare l’altro. Occorre costruire momenti che ci aiutino infine a ricordare tutto della vita”.

Vecchioni ha anche presentato quest’oggi  il suo ultimo libro “La vita che si ama. Storie di felicità” (Einaudi). 

E’ proprio alla felicità che ha pensato Vecchioni in questo libro, una specie di autobiografia, una raccolta di brani scritti negli anni per i suoi figli Francesca, Carolina, Arrigo ed Edoardo. Un insieme di aneddoti, comici e drammatici, vissuti in famiglia e nella scuola, il ricordo di amori perduti e ritrovati, un tenero ricordo dedicato al padre con molti richiami letterari e alcuni testi delle sue canzoni.

Un viaggio che indaga la bellezza e la difficoltà di essere padre, che intende infondere la felicità, non l’euforia passeggera, ma l’estrema fiducia nella vita, quella che si sente anche nei momenti di sofferenza e che spesso è offuscata dalla corsa al successo, al guadagno e che impedisce di vederla, di goderla.  

La cultura è ciò che dà senso alla nostra vita, riesce a farci superare momenti bui, immersi nella lettura, conversando con glia amici e incontrando persone profonde, possiamo superare qualsiasi ostacolo uscendone più forti. La cultura è un ponte tra gli esseri umani, in grado di riconciliarli con le differenze e unendoli. 

E’ stata un’appassionata testimonianza di quanto succedeva nella società, il racconto del significato della vita, del dolore e della felicità, “la felicità si maschera da dolore, ma non è dolore”

E’ stato il Conservatorio Nicola Sala di Benevento con il suo repertorio di musica Jazz  ad aprire l’incontro con un’esibizione musicale.

Poi l’ideatrice della Rassegna Carmela D’Aronzo ha presentato il cantautore che ha sottolineato: “La vita bisogna prenderla cosi com’é. Bisogna esserci ma nello stesso tempo battersi per evitare che nei momenti brutti uno possa abbattersi”. Poi ha rimarcato: “ La felicità è il pacchetto intero della vita”.

Ai ragazzi ha esortato:  “Occorre avere una vita dinamica e non statica. Mai sdraiarsi su una poltrona ma essere sempre svegli e guardare fuori cosa c’è. Oggi i sogni sono ristretti perché la società  non offre tantissimo e il Paese è in grave crisi”.  Poi ha concluso: “Noi siamo dei cialtroni  e non  loro. Noi adulti dobbiamo essere solo attenti per ciò che possiamo offrire. Occorre invece stimolarli”.