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Se l’è presa con i pm accusati di accanimento investigativo nei suoi confronti o di mala gestione dei pentiti a suo danno, e con un giovane cronista, definito pseudo-giornalista. Ne ha per tutti Augusto La Torre, il boss psicologo – ha preso la laurea in carcere – che dal 1996 è detenuto dopo aver guidato con mano sanguinaria l’omonimo clan operante nel comune del litorale casertano di Mondragone, in sintonia ma spesso anche in disaccordo con i potenti Casalesi, divenuto anche collaboratore di giustizia salvo poi essere in sostanza “scaricato” dall’autorità giudiziaria, che ha definito la sua collaborazione riduttiva, probabilmente perché seppur La Torre si è autoaccusato di una cinquantina di omicidi, non ha mai fornito le indicazioni utili per far trovare il suo tesoro. In una lunga intervista rilasciata ad un sito casertano, La Torre attacca con toni molto forti magistratura e giornalismo, che a suo dire vogliono tenerlo in carcere, a dispetto delle sue aspettative di essere scarcerato tra qualche anno; è in corso al Tribunale di Isernia un contenzioso sul cumulo di pene per le tante condanne ricevute da La Torre, che potrebbe aprirgli le porte del carcere.

Un’eventualità che la Dda sta provando a scongiurare, come dimostra la recente inchiesta che ha portato in cella il figlio e il fratello di La Torre,  accusati di voler riorganizzare il clan in vista della scarcerazione del boss; quest’ultimo invece è stato indagato per estorsione aggravata in relazione a due lettere inviate dal carcere, la prima all’amministratore di un condominio di Mondragone, con la quale avrebbe preteso l’assunzione di suo figlio Tiberio, fatto che poi non si è verificato per il rifiuto della vittima; la seconda al proprietario di numerose abitazioni all’interno dello stesso condominio, con la quale avrebbe richiesto la somma di 25.000 euro, senza però ottenerla sempre per la resistenza della vittima. La Torre è inoltre accusato di aver minacciato di morte il pm che lo ha indagato, il sostituto della Dda di Napoli Sandro D’Alessio, peraltro citato anche nell’intervista. Una situazione dunque di gran tensione che vede da una parte il boss e dall’altra gli inquirenti, in cui di mezzo è finito il 29enne cronista di Cronache di Caserta Giuseppe Tallino, che negli ultimi tempi si è occupato spesso con coraggio di La Torre; dopo le parole del boss non è stata presa ancora alcuna ufficiale misura di protezione nei confronti del cronista, ma i carabinieri una volta al giorno passano alla redazione per sincerarsi che tutto vada bene. Nel frattempo il giornalista Tallino ha denunciato presso i carabinieri il boss La Torre ipotizzando i reati di diffamazione e minaccia. Nel mirino di La Torre anche l’attuale Procuratore di Santa Maria Capua Vetere Maria Antonietta Troncone, per il periodo in cui era alla Dda. Che le parole del boss siano da qualificare come minacce lo stabilirà la magistratura, ma si tratta di parole che probabilmente puntano alla delegittimazione dei destinatari. “Nelle parole di Augusto La Torre – dice il suo legale Filippo Barbagiovanni – non c’è alcuna minaccia nei confronti di giornalisti e magistrati. La Torre esprime delle opinioni, seppur forti, e contesta il modo di fare le indagini e l’accanimento giornalistico con articoli che a nostro parere non sono verificati”.