- Pubblicità -
Tempo di lettura: 4 minuti

Caserta – Nella scorsa udienza ammise per la prima volta di aver pagato una tangente da duemila euro alla camorra mentre nel 2010 era sindaco di Casapesenna, comune casertano dove è nato e ha trascorso parte della latitanza il boss dei Casalesi Michele ZagariaOggi l’ex primo cittadino Fortunato Zagaria, imputato con il capoclan (sono omonimi, ndr) al tribunale di Santa Maria Capua Vetere per il reato di  violenza privata con l’aggravante mafiosa commesso ai danni di un altro ex primo cittadino, Gianni Zara (parte civile nel processo), ha ammesso, esaminato dal pm della Dda di Napoli Maurizio Giordano, di aver anche denunciato quell’episodio alla Polizia di Stato, senza che però vi fossero sviluppi. “Parlai della vicenda con l’allora capo della Squadra Mobile di Caserta Alessandro Tocco, presso gli uffici di Casal di Principe (c’era sezione della Mobile, ndr); quest’ultimo ascoltò anche il mio barbiere, cui avevo dato la somma che fu poi ritirata di notte dagli estorsori del clan”. Nessuna traccia della vicenda è emersa in relazioni di servizio o annotazioni di polizia. “Verificheremo” ha detto il pm. Invece a saltare fuori nell’udienza di oggi è stato un documento riservato scovato da Giordano alla caserma dei carabinieri di Casal di Principe, in cui si dà atto di un incontro avvenuto nell’ottobre 2004 in piazza a Casapesenna, fuori ad un bar, tra Fortunato Zagaria, allora sindaco, e Carmine Zagaria, fratello del boss dei Casalesi.

Nella scorsa udienza di inizio maggio, l’ex sindaco aveva affermato di non ricordare di un incontro con il fratello del capoclan, ma neanche lo escluse. “In ogni caso – disse – con i miei legali abbiamo chiesto l’annotazione di polizia in cui si parlava dell’incontro ma non è mai uscita”. “Non è un’informativa – ha spiegato oggi il pm – ma un Op85, una sorta di atto di osservazione che resta interno alla polizia giudiziaria; sono riuscito a trovarla”. L’ex sindaco ha anche raccontato cosa avvenne il primo ottobre 2008, quando incontrò Zara, allora sindaco, allo stadio sportivo e, secondo l’accusa, gli disse che non doveva parlare più del boss Zagaria, altrimenti avrebbe fatto la fine di Antonio Cangiano, ex assessore del comune di Casapesenna gambizzato dalla camorra nel 1988 e morto nel 2009 dopo vent’anni passati sulla sedia a rotelle. Anche in questo caso, l’ex amministratore, per la prima volta e cambiando versione rispetto al passato, racconta che la “mattina del primo ottobre, mentre uscivo di casa, fui avvicinato da un uomo con impermeabile, cappuccio e occhiali da sole – in precedenza aveva parlato di due uomini – che con lo sguardo e con accento del posto, mi disse ‘cosa state facendo, perchè vi intromettete nei nostri affari mentre noi non lo facciamo con voi’; io gli risposi ‘che non avevo fatto nulla’, e lui mi disse di ‘guardare il giornale’. “Lo lessi – prosegue l’ex sindaco – e trovai le dichiarazioni di Zara che auspicava la cattura degli allora boss latitanti Antonio Iovine e Michele Zagaria. Così chiamai Zara e ci incontrammo con il consigliere Luigi Amato (anch’egli imputato) allo stadio.

Gli raccontai quanto avvenuto e Zara disse che sarebbe andato a San Cipriano a parlare con i suoi parenti. So che la sorella della mamma di Zara ha sposato un fratello di Giuseppe Caterino (esponente del clan, ndr)”. Peraltro Zara, quando avvenne l’incontro allo stadio, aveva già denunciato alla Polizia le pressioni subite da Fortunato Zagaria, che era il suo vice-sindaco; qualche giorno dopo arrivarono infatti in Comune i poliziotti per ascoltarlo. “Perché – ha domandato il pm all’ex sindaco sotto processo – non ha mai denunciato questo episodio dell’uomo incappucciato?”. “Ero sotto pressione e non lo feci” ha risposto. Giordano ha poi depositato una serie di delibere da cui si evince come “il Comune avesse dato incarichi per lavori o forniture a persone che poi si è scoperto fossero vicine ad ambienti criminali”. “Era l’organo tecnico che decideva” ha tagliato corto Firtunato Zagaria. Si tornerà in aula il prossimo 13 luglio per il controesame della difesa dell’imputato.