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Caserta – Nel 1989 uccise con tre colpi di pistola l’imprenditore di Grazzanise (Caserta) Pasquale D’Abrosca, che si era rifiutato di concedere al clan dei Casalesi l’ennesima fornitura di cemento gratuita. Ventotto anni dopo, il killer reo-confesso di quel delitto, il boss Francesco Schiavone, detto “Cicciariello”, cugino del capoclan omonimo noto come “Sandokan”, comparirà davanti al gup di Napoli Gallo per l’avvio dell’udienza preliminare che dovrà confermare il quadro delineato dalla Dda partenopea sulla scorta delle dichiarazioni dello stesso Cicciariello, e risolvere così uno dei tanti cold case di camorra. Cicciariello comparirà da solo davanti al magistrato, perchè non ha mai voluto rivelare il nome del complice; si definisce infatti un “dissociato” dal clan dei Casalesi, non un “collaboratore di giustizia”, da qui la decisione di autoaccusarsi di crimini anche efferati senza coinvolgere però i complici. Schiavone, che sta scontando l’ergastolo, rivelò di essere l’esecutore materiale del delitto D’Abrosca qualche anno fa nel corso di un processo per un altro omicidio.

Pochi giorni dopo l’udienza, l’avvocato Giovanni Zara raccolse le informazioni sull’omicidio D’Abrosca dal fratello della vittima, e fece richiesta di riapertura indagini alla Dda di Napoli. Il fascicolò finì al sostituto Anna Maria Lucchetta, che convocò lo stretto congiunto di D’Abrosca e lo stesso Cicciariello, riuscendo a ricostruire la dinamica dell’omicidio. Il boss raccontò di essersi recato insieme ad un altro affiliato presso l’azienda di materiale edile di D’Abrosca, la Ediltutto – importante società che fatturava molte centinaia di milioni di lire all’anno – con l’intento di picchiare l’imprenditore che, in una precedente circostanza, si era rifiutato di fornire gratuitamente al clan dei Casalesi del materiale del valore di 7-8 milioni di lire. “No, questa volta non vi do nulla, già ho pagato tanto” urlò D’Abrosca di fronte all’ennesima richiesta estorsiva; l’imprenditore, racconta Cicciariello, sparò addirittura un colpo di pistola – deteneva l’arma legalmente – verso il suo complice; dopo aver sentito il proiettile, il camorrista, che era all’esterno dell’azienda, entrò e sparò tre colpi di pistola verso D’Abrosca; questi fu condotto in ospedale a Capua, poi fu trasferito a Napoli dove morì. Oggi in aula chiederanno di costituirsi parte civile la mamma e due sorelle di D’Abrosca, assistite da Giovanni Zara, e il fratello della vittima, Antonio.