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Nessun passo indietro da parte del Comune di Carinola (Caserta) sulla vicenda Cleprin, l’azienda di detersivi degli imprenditori anticamorra Antonio Picascia e Franco Beneduce – denunciarono e fecero condannare gli estorsori del clan Esposito – che l’ente locale vuole chiudere perché sull’area dove è ubicata insiste un abuso edilizio precedente all’arrivo della Cleprin e non ancora sanato, nonostante i titolari abbiano presento regolare domanda di condono, non ancora evasa dagli uffici comunali. Il sindaco Antonio Russo spiega che “la legge ammette l’opzione del condono solo quando ne ricorrano le condizioni, senza fissare alcun tipo di automatismo, tra la domanda e l’esito, altrimenti sarebbe tutto troppo facile, riducendosi ad un inutile proforme. Dopo di che, immagino che i titolari della Cleprin, per il loro caso, abbiano interfacciato con gli uffici preposti. Non mi occupo comunque di atti gestionali. Detto questo, è proprio la loro storia a suggerirmi che, qualora questi avessero ravvisato atteggiamenti poco chiari, tesi ad inverare una tecnica dilatoria e ritardante, pensata magari per creare problemi e dunque per mortificare la legalità, non avrebbero esitato un solo attimo a sporgere denuncia. Al momento non mi pare vi siano atti di questo tipo”.

Peraltro Russo lo scorso anno prese parte alla cerimonia di apertura della Cleprin in cui campeggiavano gli slogan “Qui la camorra ha perso, lo Stato ha vinto”; un comportamento che sembra a prima vista in contrasto con quanto sta accadendo oggi. “E’ mio dovere accogliere con entusiasmo tutti quegli imprenditori che scelgono il territorio comunale di Carinola per svolgere la propria attività imprenditoriale – dice il sindaco – ho partecipato all’inaugurazione con questo spirito ma soprattutto perché personalmente invitato dai titolari della Cleprin. Detto questo, tutti coloro che salgono sugli scudi per azioni di contrasto alla criminalità organizzata hanno avuto e avranno sempre il mio convinto plauso”.

La particolarità della vicenda sta nel fatto che l’azienda fu data alle fiamme nel 2015 e poi riaperta lo scorso anno proprio a Carinola in un’area che Picascia e Beneduce hanno rilevato dal tribunale perché finita all’asta per i debiti accumulati dal vecchio proprietario; quest’ultimo è poi finito sotto processo per aver cercato di estorcere del danaro dai titolari della Cleprin. Su quest’ultima circostanza Russo dice di averla appresa da organi di stampa. “Non credo però che l’attività, per così dire burocratica, di un ente – sottolinea – possa fermarsi in attesa degli esiti di un processo. A dire il vero, non vedo neppure la correlazione e, qualora esistesse, mi sfugge come e perché dovrebbero esserne a conoscenza gli uffici o io stesso. Se poi c’è qualcuno che invece questa correlazione la ravvisa, il minimo che dovrebbe fare, è rappresentarla all’autorità giudiziaria, perché sarebbe un atto di inaudita gravità”. Nessuna indagine ha fatto luce sulla matrice mafiosa del rogo alla Cleprin del 2015, addirittura si è parlato di rogo non doloso su cui è in corso da tempo un’indagine della Procura di Santa Maria Capua Vetere, prima archiviata e poi riaperta per un supplemento di indagine. Ma è la stessa storia dei due imprenditori a portare verso quella pista; subito dopo il rogo inquirenti e forze dell’ordine parlarono di camorra, tanto che i due imprenditori ebbero anche la scorta, cui rinunciarono dopo qualche mese. Russo conosce la storia dei due imprenditori. “Ritengo che il rispetto della legge sia un interesse primario di tutti. Chi denuncia l’illegalità merita rispetto e ritengo debba avere rispetto” conclude, senza però alcuna apertura verso la Cleprin.